“E vennero i soldati del Genio”. Lʼimpianto materiale della Scuola

1 - E vennero i soldati del Genio. Lʼimpianto materiale della Scuola

[…] E vennero i soldati del Genio, e in due settimane costruirono le due enormi e magnifiche baracche da servire di refettorio e d’alloggio agli studenti; fabbricarono, sempre in legno, i padiglioni dell’Aula Magna e quello dell’anfiteatro anatomico; un altro anfiteatro sistemarono in una sala del Municipio; riunirono con passaggi coperti le due ali di questo palazzo; provvidero agli impianti d’acqua e di luce elettrica che occorrevano; poi diedero alla lesta l’ultima mano, e tutto fu ripulito, verniciato, abbellito. Bisognava nello stesso tempo impiantare i laboratori, le sale d’operazione, la segreteria; disporre il copioso materiale necessario; creare una biblioteca e delle cliniche speciali. Di questo si occuparono, ciascuno per la sua parte, i professori e gli assistenti che frattanto erano stati nominati[…]. Con tutto il resto si organizzarono così un laboratorio batteriologico, un altro di anatomia patologica, un terzo per le analisi chimiche; si approntò una clinica ostetrica e un ospedaletto per bambini. Coi libri che i professori portarono con sé, anche la piccola biblioteca universitaria era formata […].

Si sono fatte le cose con signorilità e con la massima cura. L’università è sorta quasi per incanto e non solo nel senso metaforico, ma anche in realtà: ed è un’università moderna, non strozzata entro le ristrette mura d’un solo edificio ma distribuita secondo i più moderni criteri in vari padiglioni ampi e comodi, costruiti appositamente per lo scopo cui devono servire. L’aula magna – che non ha la sontuosità di quelle dei nostri atenei – ha però un aspetto solenne: tutta in legno verniciato, con un piccolo atrio e con l’ampia gradinata ad anfiteatro rischiarata da numerose finestre che diffondono una luce uguale e abbondante, non parrebbe certo costruita in pochi giorni, a pochi chilometri dalle trincee dove tutto è distruzione e rovina. Nel grazioso palazzo del Municipio – costruito a semicerchio e formato da tre edifici uniti da un loggiato – hanno trovato posto le cliniche con la sala anatomica, essa pure ad anfiteatro ed opportunissima perché posta nel centro del palazzo, tra le cliniche. Vi è poi il padiglione di anatomia patologica con i vari gabinetti per le necroscopie[…]. Di modo che in due settimane, la Scuola da campo era in ordine. Non mancavano che gli studenti ma si era pronti a riceverli. Ed essi vennero, con puntualità militare, con animazione studentesca: italiani di tutte le province, rappresentanti di tutte le università, soldati della legione studentesca che alla patria avevano dato il loro contributo.1

San Giorgio di Nogaro, cittadina di retrovia del Friuli (territorio diventato suo malgrado capitale di guerra), dalla metà di gennaio 1916 fu attraversata da una febbrile attività in vista dell’allestimento degli spazi necessari al funzionamento della Scuola; se ne fece carico il Genio militare, alle dipendenze della Soprintendenza di cui era allora titolare il generale Stefano Lombardi. Importante fu anche la profonda sintonia d’intenti tra Tusini e il suo referente gerarchico colonnello Lorenzo Bonomo, che dal 26 settembre 1915 aveva assunto il ruolo di Direttore di Sanità della III Armata.

Il decreto stabiliva la sede dei corsi in un centro ospedaliero posto nelle retrovie della III Armata sulla strada che da Venezia portava all’antico confine, distante circa 40 chilometri da Gorizia, servito dalla stazione ferroviaria e, grazie a un porto fluviale di antica tradizione, collegato al mare tramite la laguna di Marano – percorsa dal canale della Litoranea Veneta da poco riattivata a scopi bellici.2 Già da marzo 1915, temendo che l’Austria potesse prevenire la mobilitazione con un improvviso attacco a nord est, nella vicina fortezza di Palmanova ci fu una straordinaria concentrazione di truppe e materiali, mentre tutti gli edifici disponibili di San Giorgio di Nogaro furono requisiti e attrezzati per il ricovero temporaneo delle truppe in transito verso il fronte, ma soprattutto per l’impianto di strutture con funzioni sanitarie e ospedaliere. Repentinamente il paese si trasformò in un ospedale diffuso che all’acme del conflitto avrà la capienza di circa 3.000 posti letto disseminati nelle molte strutture (se ne contarono fino a quattordici), sorte in un centro di poche migliaia di abitanti.

È ancora Tusini ad argomentare l’ottima logistica della sede scelta per la nuova Scuola, in una relazione di sintesi inviata al ministro della P.I. il 19 marzo 1916, con il corredo di immagini fotografiche atte a dimostrare:

 

[…] L’importanza attuale di S. Giorgio quale centro e nodo ferroviario a cui convengono tutte le vie di comunicazione della parte più estesa del fronte di Guerra, e l’addensamento di Ospedali che fanno di tutto S. Giorgio un vero e proprio centro sanitario di raccolta dal fronte e di smistamento verso la Zona Territoriale.

L’essere S. Giorgio di Nogaro un piccolo paese con modestissime risorse locali costituisce appunto un pregio per la sede di un insegnamento che vuole addestrare i giovani precisamente a tutti quei soccorsi di urgenza che saranno indispensabili a conoscersi da essi per metterli in pratica poi là dove le risorse locali saranno anche assai più ridotte di quelle che offre questa località.3  

 

La relazione allega via via la sequenza fotografica dei locali nei quali vennero collocati:

 

(Municipio) Gli uffici di Direzione, di Segreteria, di adunanza dei professori, la biblioteca, un’aula di lezioni ed una sala di operazioni in servizio dei due ospedali contigui nelle ali laterali del fabbricato, nelle quali sono installati gli ospedali 39 e 40 [di C.R.I.] scelti per la raccolta dei malati più importanti della Clinica Chirurgica.

 

  • l’Ospedale n. 238, da 200 letti, il quale in caso di affluenza può raccogliere (come ha già raccolto), oltre 600 malati per uso della Clinica Medica con:

  • l’infermeria annessa all’Ospedale suddetto (238) e capace a sua volta di 70 infermi di malattie infettive.

  • l’Ospedale 234 per le malattie dell’orecchio, naso e gola.

  • i reparti dello stesso ospedale (234) adibiti a Clinica dermosifilopatica ed a clinica oculistica.

  • il reparto delle malattie nervose e mentali (ospedale 234).

  • l’Ospedale 5 per malati prevalentemente chirurgici.

  • l’Ospedale 42 per malati misti di medicina e chirurgia.

  • L’Ospedale 50 in cui è situato un reparto ostetrico-ginecologico dimostrativo per gli studenti.

  • l’Ospedale di Latisana in cui è situata la Clinica ostetrico-ginecologica per assistenza ai parti e alle operazioni ostetrico-ginecologiche.

  • la Clinica ostetrica (Latisana).

  • la Clinica pediatrica.

  • l’aula per le autopsie e le lezioni di anatomia patologica, di medicina operatoria e relativi esercizi, per le lezioni e le dimostrazioni sul cadavere di medicina legale.

  • l’aula per le lezioni di clinica medica, di clinica chirurgica, di traumatologia di guerra, di protesi degli arti, d’igiene e profilassi.

  • l’aula per le lezioni della specialità oftalmica, otorinolaringoiatrica, dermosifilopatica, psichiatrica e stomatoiatrica.

  • ospedale n. 8.

  • i dormitori degli studenti.

  • il refettorio degli allievi.

  • aula per lo studio.

  • il laboratorio chimico-batteriologico di Igiene, Profilassi ed Epidemiologia.

 

Mi permetto di far notare alla E.V. che, ad eccezione delle aule p) e q) le quali furono costruite ex novo, tutti gli altri ambienti erano adibiti per ricovero di truppe di passaggio e di profughi. Inoltre è bene che si tenga conto che tanto il refettorio come le baracche per le truppe di passaggio, ed in parte il locale pei profughi, ora dormitorio degli studenti, sono fatti di modo che all’occasione possono servire, come già in parte hanno servito, a ricovero di malati.

Il locale di un antico cinematografo, ora sala di studio, era già stato requisito dall’autorità militare ed in parte è anche adesso sempre disponibile per deposito di cereali, cosicché la spesa per allestimento di tutti i locali si riduce a cosa veramente irrisoria.

Se tutte le spese che servono per il ricovero degli studenti e per servizio scolastico, fossero fatte esclusivamente per la scuola, avrebbero importata forse una somma di circa 50.000 lire compreso il materiale, giacché tutte le costruzioni sono esclusivamente in legno grezzo e cartone incatramato come tutte le altre costruzioni per la truppa […].

Naturalmente tutti gli ospedali esistevano già e funzionavano perfettamente e nello stesso modo come funzionano adesso. Così pure il laboratorio chimico-batteriologico esisteva per il servizio di un numero così ragguardevole di ospedali raccolti in S. Giorgio.4

2 - I corpi offesi: Ospedali di guerra a San Giorgio di Nogaro

L’aumento progressivo del numero degli ospedali insediati a San Giorgio dallo scoppio della guerra, diventa il sensore che registra l’escalation dell’emergenza sanitaria al fronte: quasi una sorta di contrappunto alla sequenza sanguinosa delle dodici “battaglie dell’Isonzo”, dal 23 giugno 1915 a Caporetto.

Sono 8 gli ospedali presenti in paese già dai primi mesi del conflitto: 6 “di guerra” della Croce Rossa Italiana (ciascuno da 50 posti-letto) e 2 “da campo” dell’Esercito (entrambi da 200 posti-letto), con una disponibilità realisticamente quantificabile in circa 1.100 posti-letto, almeno fino a maggio 1916.

Numeri che saranno poi implementati dalla gemmazione di molte sedi secondarie per le diverse patologie e dall’allestimento di alcune tendopoli nelle adiacenze degli ospedali principali, anche in funzione dei bisogni didattico-operativi della Scuola medica da campo (Università Castrense).

Il carattere temporaneo di alcuni allestimenti, il passaggio di piccoli ospedali someggiati (quindi mobili), il riflesso condizionato delle vicende militari e delle correlate emergenze di soccorso e cura, lo stesso respiro pulsante del campus universitario con le sue necessità didattiche e sperimentali, spiegano la difficoltà di poter tracciare una mappa certa e definitiva degli insediamenti sanitari nel territorio.

Pur con queste riserve, nell’arco temporale che va dallo scoppio del conflitto a fine maggio 1916 (la ricerca è ancora in progress), a San Giorgio di Nogaro è documentata la presenza delle seguenti strutture sanitarie:

Ospedali del II Gruppo della Terza Armata

numero 234 (nel 1915 in via Paolo Diacono – allora Asilo “Principessa Jolanda” che sarebbe diventato sede staccata per alienati mentali dello stesso ospedale, compresa la tendopoli negli spazi retrostanti). Successivamente il n. 234 fu trasferito presso casa Maran in località Chiarisacco, occupando gli spazi dell’ospedale n. 8.

Afferivano a questa grande struttura anche gli ospedali n. 34, 42 e 50;

numero 238 (originariamente in casa Margreth; da dicembre 1916 a ottobre 1917 trasferito alle “Fornaci Foghini” e ampliato con due reparti d’isolamento).

Ospedali di guerra della Croce Rossa Italiana

 

    • numero 16 (fino a maggio 1916 a Villanova – Porto Nogaro);

    • numero 39 e numero 40 (nelle due ali speculari del Municipio);

    • numero 8 (all’origine accampato nelle adiacenze di casa Maran a Chiarisacco, dalla fine di gennaio 1916 sarà trasferito nell’ala centrale del Municipio: qui assorbirà i preesistenti ospedali n. 39 e 40 per diventare un ospedale unico);

    • numero 42 (presso l’ex casa Marcon, all’imbocco di via Paluduz a Chiarisacco);

    • numero 50 (Chiarisacco – case e cortile poi Sguazzin). Adibito alla cura di donne e neonati. successivamente venivano praticati interventi di chirurgia maxillo-facciale e di oculistica;

    • numero 34 (Chiarisacco – via Emilia – nell’edificio allora denominato “Palazzat” – con funzioni di ricovero e cura di alienati gravi e pericolosi];

    • numero 5 [alla data del 15 marzo 1916 segnalato in “zona Fornaci”];

    • numero 10 (via Ammiraglio Canciani).

 

Nell’estate 1916, nei baraccamenti del campus universitario castrense che gli studenti avevano abbandonato a fine maggio, trovarono sede ulteriori postazioni di cura e assistenza, fra cui l’ospedale di Croce Rossa n. 36 (con 150 posti letto).

Successive variabili nella dislocazione delle strutture ospedaliere non sono registrate in questo “fermo immagine”, perché di minore rilievo.

La “rotta” di Caporetto travolse anche il sistema sanitario sangiorgino: dalla stazione ferroviaria nell’arco di 48 ore furono sfollati oltre 10.000 tra infermi e malati. Gli ospedali furono trasferiti oltre il Piave e parte delle attrezzature abbandonate all’occupazione austriaca. Dopo il ritorno dell’esercito italiano, alla fine del 1918, nell’originaria sede dell’ospedale 234 (Chiarisacco), utilizzata per scopi sanitari anche dagli austriaci, trovò posto l’ospedale da campo n. 014.  

3 - Professori … sarebbero lieti e fieri di continuare a prestare lʼopera loro al campo

Su carta intestata della Croce Rossa «Ufficio dell’Ispettorato Medico presso la III Armata» il 28 gennaio 1916, a pochi giorni dall’emanazione del decreto n. 38, Tusini scrive:

Ill.mo Sig. Colonnello Direttore di Sanità al Comando Supremo [Lorenzo Bonomo],

Mi faccio premura di rimettere alla S.V. Ill.ma l’elenco degli insegnamenti che propongo per i Corsi di Medicina e chirurgia in San Giorgio di Nogaro. A me pare che tutti corrispondano alle varie esigenze che si richiedono per le finalità della Scuola. Se il giudizio anche della S.V. Ill.ma concorda col mio, La prego di inviarli e segnalarli d’urgenza per l’approvazione e la nomina alle L.L. E.E. i Ministri della P.I. e della Guerra.5

Un semplice, pur se autorevole docente ordinario di Clinica chirurgica dell’università di Modena si assume il compito di definire, quasi per intero l’organigramma di un corso universitario di Medicina e chirurgia (sia pure castrense): l’irritualità del gesto rende immediatamente ragione dello sciame di critiche e di ostracismi che seguirà come un’ombra soprattutto il primo anno di vita della scuola.

Risulta comunque sorprendente cogliere – dalla distanza storica – il tempismo con il quale Giuseppe Tusini riuscì a concepire in modo apparentemente compiuto fin dagli inizi, il disegno, i contenuti e persino l’organigramma dei corsi accelerati di medicina e chirurgia nel contesto di una guerra il cui impatto aveva, al contrario, spiazzato e scompaginato i piani e gli schemi mentali precostituiti anche ad alti livelli strategico-militari.

A Tusini bastarono pochi mesi di osservazione degli effetti delle prime battaglie dell’Isonzo, per intuire le dirompenti implicazioni di quel conflitto sul piano sanitario. Che egli avesse scrupolosamente osservato, per poi poter approntare adeguati provvedimenti si evince analizzando con attenzione gli elenchi (con i ripensamenti e le successive cancellazioni apportate dai Ministeri) dei docenti da lui proposti per le diverse discipline.6 Si trattava, nella quasi generalità, di profili fortemente connotati non solo sul piano dei curricula universitari, ma anche su quello dell’impegno nella ricerca medico-sperimentale applicata ai diversi campi specialistici in ospedali diventati cliniche, reparti in cui sarebbe stato possibile istituire un insegnamento «al letto del malato». Fu quindi positivamente valutata la propensione verso pratiche terapeutiche innovative; cifra che si rivelerà fondamentale per poter operare in quella sorta di laboratorio biologico allestito nel contesto di una guerra che incessantemente necessitava di “nuovi materiali” tecnologici e “umani” e che, incessantemente, ne forniva.

Tra le carte di Tusini si sono rinvenuti alcuni brogliacci dai quali traspare in controluce la faticosa mediazione tra le molte pressioni (più o meno scoperte) ai diversi livelli del potere politico-militare, ma anche fra le pressanti e qualificate auto-candidature personali in vista di possibili cattedre d’insegnamento alla castrense. Pur nel montare delle polemiche, era di tutta evidenza come la Scuola di Tusini potesse rappresentare un inedito e appassionante campo di esperienza didattica e scientifica e anche di curriculum e per future carriere, soprattutto per molti «liberi docenti», la cui pratica d’insegnamento era già molto innovativa e talvolta quasi concorrenziale rispetto agli insegnamenti consolidati.7

4 - La guerra: un laboratorio biologico per una didattica sperimentale

Se la guerra si dimostrò un drammatico laboratorio vivente della medicina, che ha utilizzato i suoi tragici risvolti sanitari per testare l’efficacia di molte pratiche terapeutiche sperimentali e innovative, allo stesso modo le cliniche universitarie di San Giorgio di Nogaro offrirono straordinarie occasioni di studio su inediti scenari di estrema complessità, come poté testimoniare, ad esempio lo psichiatra Arturo Morselli: «In genere i quadri da me veduti non corrispondono che in minima parte a quelli descritti dai trattatisti e conosciuti dagli alienisti di manicomio: si tratta di una Neuro-psicopatologia affatto particolare».8

Rispetto alla prima ipotesi di organigramma  di Tusini l’elenco definitivo registrò il venir meno di alcuni nomi (Acconci, Canata, De Carli, Engel, Mey, Santamaria), mentre altri nominativi compaiono e scompaiono: in particolare il nome del libero docente Cesare Decio, in forza al 28° artiglieri della II Armata, sarà sostituito a Ostetricia dal capitano medico Michelangelo Savarè in servizio all’ospedale di riserva di Cividale; allo stesso modo Antonio Nieddu insegnante alla Scuola militare di Firenze, cederà la cattedra di Medicina legale al maggiore medico Francesco Leoncini, che era stato suggerito da Lorenzo Borri, precursore della disciplina alla scuola di Firenze e direttore dell’ospedale militare di Prato, sul quale era caduta in prima battuta l’opzione di Tusini.

Borri da parte sua aveva declinato l’offerta in una lettera del 29 gennaio 1916 indirizzata allo stesso Tusini, rivelatrice di un clima e dei complessi intrecci personali e professionali che determinarono le scelte del corpo docente dell’anomala facoltà universitaria:

Carissimo Amico, sono veramente grato a te ed al comune amico Prof. Ottorino Rossi del cortese interessamento che mi dimostrate e vi dico subito che, se io, presentemente, avessi funzioni pure e semplici di insegnante universitario, non porrei tempo in mezzo e risponderei con una esplicita accettazione all’invito lusinghiero che mi fate. Nella quale determinazione io sarei anche indotto dalla prospettiva simpatica di un sodalizio di qualche mese con tanti buoni e cari amici.

Ma, gli è che io disimpegno qui [alla succursale di Prato dell’Ospedale militare di Riserva di Firenze] una funzione, se non di prima importanza e segnalabile, tuttavia nella sua oscurità oso dire utile, e per me fonte di legittima soddisfazione […].

A parte che, a venire a ciarlare di medicina legale con l’eco lontana delle cannonate, mi sembrerebbe di irronizzare [sic] all’eccesso, non saprei adattarmi ormai, in questi momenti in cui il nostro cimento reclama il buon volere e la intenta operosità di tutti i cittadini, a limitare la mia sfera d’azione ad un puro e semplice magistero, che mi terrebbe pochissimo occupato, e, per di più, in un ramo di disciplina della quale è scarsissima e di terz’ordine la importanza teorica e pratica nel momento presente.

Ecco perché non posso, come vorrei, tenere il tuo invito: non ho voluto declinarlo come mi chiedevi per telegramma, perché amavo chiarirti le ragioni della mia determinazione; e d’altronde, per chiaritivo ed esplicito che io fossi stato, avrei corso facilmente il rischio, data la secchezza inesorabile dello stile, di apparire scortese con te che mi sei mostrato così apprezzato e sincero amico[…].9

Un certo interesse può assumere anche la parabola della cattedra di Radiologia ed Elettroterapia – e del docente proposto per essa, Vittorio Maragliano10 – di cui Tusini aveva con tutta probabilità intuito la valenza anche in funzione delle urgenze diagnostiche del conflitto: l’insegnamento continuò a essere presente nei successivi elenchi, per poi scomparire inopinatamente nel passaggio tra il Ministero della Guerra e quello dell’Istruzione. Fu lo stesso Vittorio Maragliano a sollecitare più volte Tusini affinché gli fosse ritagliato un ruolo nella formazione universitaria sangiorgina. Scriverà il 28 dicembre 1915 da Genova:

Egregio Professore, seppi da mio Padre, sen. Edoardo Maragliano, che Ella preconizza l’istituzione d’una Università Castrense [sic], alla quale non mancherà certo un ottimo successo. Ora io non so se nel programma dei corsi di questa Università, Ella abbia pensato di dare un posto, anche complementare, alla Radiologia. Ella nella sua diuturna pratica di chirurgo militare si sarà troppo convinto della immensa utilità presentata dai servizi Radiologici, per poter mettere in disparte questa specialità nell’insegnamento dell’Università Castrense. È nella mia fiducia che Ella non si vorrà privare di questo ausilio, per cui mi permetto di proporle quanto segue. Vi sono in Italia tre professori straordinari di Radiologia, Ghilardini a Roma, Sgozzo [?] a Napoli, io a Genova, usciti tutti dallo stesso concorso. Di questi io sono il più giovane. Credo semplicemente mio dovere offrire la mia modesta opera, qualora fosse richiesto, per l’Università Castrense.11

Vittorio è figlio di Edoardo Maragliano, il senatore che in sede di dibattito parlamentare aveva argomentato con molta efficacia un iniziale atteggiamento di critica nei riguardi dell’esperimento dei corsi accelerati.

Il 27 gennaio 1915 il prof. Ottolenghi dell’università di Roma cercò di perorare presso Tusini la causa del maggiore medico Gaetano Funaioli «nella consapevolezza dell’importanza che ha assunto per il servizio militare l’Antropologia Criminale, sia per la prevenzione sia per la repressione dei reati militari in tempo di pace e tanto più in tempo di guerra per la discriminazione dei militari simulatori».12 Funaioli, psichiatra militare («uno dei primi analisti con le stellette», di rigida impostazione lombrosiana), fu tra gli assertori più decisi della necessità di istituire anche in Italia un servizio psichiatrico militare analogo a quello adottato precocemente da molti Stati europei. L’Italia, infatti, affrontò la prima fase del conflitto del tutto sguarnita sul piano dell’assistenza neurologica e psichiatrica delle quali c’era comunque scarsa consapevolezza a tutti i livelli.

La pretesa consapevolezza psichiatrica circa le novità patologiche della guerra era così poco diffusa che nei curricoli dei corsi accelerati per i laureandi delle Facoltà di Medicina le ore dedicate allo studio della Clinica delle malattie mentali verranno dimezzate dal Ministero della Pubblica Istruzione – previo parere positivo del Consiglio Superiore – e portate al livello dello spazio concesso a materie quali ostetricia e clinica pediatrica.13

Nelle aule di San Giorgio non troverà posto Antropologia Criminale bensì Clinica delle malattie mentali; disciplina che rivelerà, oltre ad una generale impotenza a superare l’assunto della «predisposizione originaria», deterministica e organicista di origine lombrosiana, la sua drammatica attualità nell’affrontare le patologie dei militari vittime della «strana malattia»14, ovvero il «mal di trincea», l’alienazione mentale degli «scemi di guerra».

5 - Lʼordinamento didattico del primo anno dei Corsi

La Scuola nasce potendo contare sulla generalizzata disponibilità di docenti provenienti dai vari Atenei italiani, la maggior parte dei quali avevano temporaneamente lasciato l’insegnamento ed erano stati arruolati con il grado di ufficiali medici. I decreti formali di nomina furono assunti dal Ministero della Pubblica Istruzione di concerto con quello della Guerra su proposta del Comando Supremo dell’Esercito, ma l’elenco degli insegnanti (tranne pochi aggiustamenti lungo l’iter) restò nella sostanza quello originariamente stilato dallo stesso Giuseppe Tusini.

Esprime bene l’atmosfera e il clima ideale del coinvolgimento in quella scuola particolare il biglietto, senza data, che il prof. Maurizio Ascoli inviò a Tusini:

Caro Tusini, l’amico Dionisi mi ha confermato in tuo nome l’incarico affidatomi nella Università da Campo ed io ti ringrazio di tutto cuore di aver pensato a me. Parto subito per provvedermi del necessario, cioè di libri, e forse dovrò arrivare fino a Catania, in modo di essere pronto per la fine del mese. Per quanto riguarda locali, laboratorio ecc. io non ho bisogni speciali, e mi affido a te ed a Dionisi, due ottimi giudici in materia. Un’affettuosa stretta, evviva l’Italia.15

 

Di seguito l’articolazione dei percorsi didattici (con i titolari dei vari insegnamenti) attivati nelle due successive tornate dei corsi da campo di medicina e chirurgia (14 febbraio-24 maggio 1916; 16 novembre 1916-30 marzo 1917) nella sede di San Giorgio di Nogaro:16

 

Clinica chirurgica generale e Medicina operatoria

Giuseppe Tusini tenente colonnello medico C.R.I., prof. ordinario delle stesse discipline Università di Modena (titolare dell’insegnamento e direttore dei corsi);

Pietro Marogna capitano medico C.R.I., aiuto nelle stesse discipline – Università di Modena (aiuto e docente di Medicina operatoria);

Fedele Fedeli tenente medico C.R.I., assistente nelle stesse discipline – Università di Modena assistente);

 

Traumatologia di guerra (complementare a Clinica chirurgica – solo I anno)

Lorenzo Bonomo maggiore generale medico di Sanità militare, libero docente di Patologia speciale chirurgica – Università di Roma (docente);

Angelo Garau capitano medico S.M., assistente di Patologia speciale chirurgica Università di Cagliari (assistente).

 

Protesi e chirurgia degli arti (complementare a Clinica chirurgica – solo I anno)

Bartolo Nigrisoli tenente colonnello medico C.R.I., libero docente di Clinica chirurgica generale Università di Bologna (docente);

Francesco Pantoli tenente medico C.R.I. (assistente).

 

Clinica medica generale

Maurizio Ascoli capitano medico S.M., prof. ordinario di Patologia speciale medica Università di Catania (docente);

Valentino Facchini tenente medico S.M., assistente di Clinica medica generale – Università di Bologna (assistente);

Francesco Schiassi tenente medico S.M., assistente Ospedale Maggiore di Bologna (assistente);

Mario Prezzolini tenente medico S.M., assistente Ospedale Maggiore di Bologna (assistente II anno).

 

Clinica delle malattie nervose e mentali

Ottorino Rossi maggiore medico S.M., prof. straordinario di Clinica delle malattie nervose e mentali Università di Sassari (docente);

Angelo Alberti maggiore medico S.M., direttore Manicomio di Pesaro (aiuto e titolare lezioni di Semeiotica delle malattie nervose con prof. Rossi);

Ugo Lombardi tenente medico C.R.I. (assistente);

 

Clinica dermosifilopatica

Ferdinando De Napoli maggiore medico S.M., libero docente di Clinica dermosifilopatica Università di Bologna (docente);

Gaetano Bompiani tenente medico C.R.I. (assistente);

 

Clinica oculistica

Gaetano Samperi maggiore medico S.M., libero docente di Clinica oftalmica Università di Torino (docente);

Giacinto Pastonesi tenente medico S.M. (assistente).

 

Clinica pediatrica

Guido Berghinz maggiore medico S.M., libero docente di Clinica pediatrica – Università di Roma (docente);

Luigi Giordani tenente medico C.R.I., già aiuto di Clinica pediatrica – Università di Roma (assistente);

Vittore Zamorani tenente medico S.M., assistente di Clinica pediatrica – Università di Genova (assistente);

 

Clinica ostetrica e ginecologica

Michelangelo Savarè capitano medico S.M., libero docente di Clinica ostetrica e ginecologica Ist. Studi Superiori Pratici e di Perfezionamento di Firenze (docente);

Matteo Fago tenente medico C.R.I., (assistente);

 

Anatomia patologica

Antonio Dionisi maggiore medico R.M., prof. ordinario di Anatomia patologica – Università di Palermo (docente);

Giuseppe Gherardo Forni tenente medico S.M., assistente di Anatomia patologica – Università di Bologna (assistente).

 

Igiene

Giovanni Grixoni maggiore medico S.M., libero docente di Igiene – Università di Siena (docente);

Ruggero Vaglio tenente medico S.M., assistente di Clinica pediatrica – Università di Napoli assistente).

 

Profilassi ed epidemiologia

Alessandro Lustig tenente colonnello medico S.M., prof. ordinario di Patologia generale Ist. Studi Superiori Pratici e di Perfezionamento di Firenze (docente);

Alessandro Rizzi capitano medico C.R.I., libero docente di Igiene – Università di Pavia (aiuto e quindi sostituto di Lustig nella cattedra di San Giorgio).

 

Medicina legale

Francesco Leoncini maggiore medico S.M., libero docente di Medicina legale – Ist. Studi Superiori Pratici e di Perfezionamento di Firenze (docente);

 

Otorinolaringoiatria

Deodato De Carli maggiore medico C.R.I., libero docente di Otorinolaringoiatria – Università di Roma (docente);

Federico Brunetti maggiore medico C.R.I., libero docente di Otorinolaringoiatria – Università di Roma (aiuto);

 

Stomatoiatria

Amedeo Perna maggiore medico S.M., libero docente di Stomatoiatria – Università di Roma (docente);

Corrado D’Alise capitano medico S.M., libero docente di Stomatoiatria – Università di Napoli (assistente);

Luigi Benedini capitano medico S.M., incaricato insegnamento di Protesi dentaria Istituto Stomatologico Italiano (assistente).

 

Insegnamenti attivati con incarico interno per la preparazione degli studenti con esami arretrati:

Anatomia umana normale e topografica: Giunio Salvi maggiore medico CRI, ordinario di anatomia umana – Università di Parma (docente);

Fisiologia: Giuseppe Amantea capitano medico S.M., libero docente di fisiologia – Università di Roma (docente);

Patologia speciale chirurgica: Leonardo Dominici capitano medico S.M., libero docente di patologia speciale chirurgica – Università di Roma (docente);

Patologia speciale medica: Francesco Feliziani capitano medico CRI, libero docente di patologia speciale medica  – Università di Roma (docente).

Logistica sanitaria (non costituiva materia d’esame, era tuttavia fondamentale per una Scuola medica da campo): Vito Puglioli colonnello di stato maggiore (docente).

 

Il Corpo docente titolare dei 20 insegnamenti previsti dall’ordinamento didattico della Scuola, era costituito (per il I anno) da 6 professori ordinari e 14 liberi docenti di 14 Università del Regno, i quali si trovavano in servizio nelle varie strutture sanitarie della III Armata, disseminate nel territorio; furono affiancati da 19 Aiuti e Assistenti ospedalieri e liberi docenti già impegnati nei numerosi ospedali operanti tra San Giorgio di Nogaro, Palmanova e Latisana.  A suffragare la caratura professionale di questo corpo docente giova la notazione che ben 7 fra i docenti svolsero nel corso della guerra la funzione di consulenti d’armata (e/o d’armate) nelle rispettive specialità d’insegnamento: Tusini, Rossi, Alberti, Samperi, D’Alise, De Carli e Dionisi (per la profilassi della malaria).

Oltre alle 16 materie curriculari d’insegnamento normalmente previste per il biennio finale in tutte le facoltà di Medicina e chirurgia italiane, i corsi accelerati del primo anno prevedevano anche Traumatologia di guerra e Protesi e Chirurgia degli arti (come complementari di Clinica chirurgica) oltre agli insegnamenti di Logistica sanitaria e di Profilassi ed Epidemologia. A latere anche altri insegnamenti di base per gli studenti in arretrato con gli studi, quali: Anatomia umana, Fisiologia, Patologia speciale e chirurgica.