II secondo anno dei corsi: 16 novembre 1916 – 30 marzo 1917

1 - II secondo anno dei corsi: 16 novembre 1916 – 30 marzo 1917

L’autunno ripropose ancora le problematiche formative bruscamente sospese «a metà del guado» nel maggio precedente: le prospettive belliche non lasciavano intravedere soluzioni immediate. Verso la fine di settembre 1916 il ministro della P.I. Pasquale Ruffini avanzò la richiesta di congedo degli studenti del 4° e 5° anno di Medicina sotto le armi per permettere loro di seguire corsi accelerati nelle Università di appartenenza, da novembre 1916 ad aprile 1917, incontrando la ferma opposizione delle autorità militari, che si mostrarono invece propense a riproporre un corso:

per tutti gli studenti del 5° e del 6° anno di medicina vincolati al servizio militare ed abili alle fatiche di guerra, in modo da assicurare non solo un severo disciplinamento didattico, ma avere altresì il vantaggio di poter impiegare nel più breve tempo possibile (come era avvenuto nel maggio precedente) tutti gli elementi sanitari disponibili. Come sede la più adatta, fu deciso di conservare sempre San Giorgio di Nogaro, dove i locali che l’anno avanti erano serviti al medesimo scopo, resi perfettamente disponibili e capaci di 350 allievi, si sarebbero potuti ampliare senza alcuna difficoltà fino a metterli in grado di ricevere i 700 allievi previsti.1

 

Questa soluzione che rispondeva in modo ottimale alle necessità di formazione sanitaria interna all’Esercito, non si faceva però carico della valenza giuridica dei corsi ai fini della «futura carriera civile» dei giovani: in pratica veniva a riproporsi lo spinoso tema del valore dei corsi ai fini giuridici del riconoscimento degli esami e del conferimento delle lauree; ambito, quest’ultimo, demandato alla sfera di competenza del ministero della Pubblica Istruzione.

Fu appunto per avvalorare questa opportunità che, «dati gli utilissimi e segnalati servizi resi all’Esercito durante tutta la campagna estiva dagli studenti, i quali, nel quadrimestre febbraio-maggio 1916 avevan frequentato la Scuola di San Giorgio sotto la guida di professori universitari, fu rimessa a S.E. il Ministro della P.I. una relazione sul funzionamento e sui risultati della Scuola stessa, con la preghiera che se gli studenti non si fossero potuti restituire alle loro sedi naturali di studio, le Università, avessero almeno potuto giovarsi anche quest’anno in zona di guerra dell’opera d’insegnanti universitari».2

La delicatezza del momento spingeva Tusini a un’attività frenetica, estesa ad amplissimo raggio a ribadire il senso e le ragioni dell’esperienza della scuola sangiorgina (da lui definita «vera oasi intellettuale»), soprattutto ai fini di una possibile e auspicata riproposizione della stessa. In questo senso va interpretata la sua lettera datata 27 settembre 1917 allo psichiatra Leonardo Bianchi3, diventato ministro senza portafogli del Governo Boselli con la delega all’organizzazione sanitaria del Paese per il periodo bellico.

La colleganza universitaria mi spinge a rendere noti in tutti i suoi particolari l’opera della Scuola e degli insegnanti di S. Giorgio di Nogaro, perché appunto coloro che non sanno e che non hanno voluto conoscere gli scopi ed il lavoro sommamente profittevole dei nostri Corsi di medicina, credono di poter avere nella S.V. un difensore della legalità universitaria che mai è stata così nobilmente tutelata ed onorata quanto in questa vera oasi intellettuale che abbiamo potuto aprire nel seno stesso della guerra.

Forse, anzi certamente, molte avversioni sarebbero tosto cadute se l’essere noi professori qui anche soldati non ci avesse imposto l’assoluto silenzio anche di fronte alle più ingiuste accuse.

Ad ogni modo i semplici fatti che la S.V. potrà osservare dai documenti che mi permetto di sottoporre alla benevola attenzione della S.V. io spero che possano valere a confondere coloro che pur nulla avendo saputo o voluto opporre neppure all’istituzione di un Episcopato castrense, hanno trovato tanto spirito di cattiva combattitività [sic] contro questa affermazione civile di pensiero e di lavoro scientifico in mezzo al frastuono delle armi e di fronte al nostro nemico.

Qualunque possa essere il giudizio della S.V. mi è grato poter esprimere qui in modo libero e aperto con coscienziosa fiducia il sentimento mio e dei miei collaboratori alla S.V. di cui ho l’onore di segnarmi Devoto Obbligato. Giuseppe Tusini.4

 

Il 4 ottobre 1916 il sottosegretario alla Pubblica istruzione Angelo Roth compì una ricognizione a San Giorgio in vista della possibile attivazione di una seconda annualità della scuola. Ci si trovava, infatti, al cospetto di una sorta di Giano bifronte: mentre permaneva l’urgenza della formazione di risorse umane tecnicamente in grado di inserirsi nella filiera sanitaria del fronte, diventava allo stesso tempo imperativo sanare lo iato tra l’autosufficienza dei corsi militari e la certificazione legale degli stessi, entro un quadro normativo che riconoscesse e sanzionasse formalmente i titoli giuridici acquisiti attraverso i regolari esami di profitto e di laurea. Lo stesso Comando Supremo aveva insistito con il Ministero dell’Istruzione sul fatto che: «ove non si fosse creduto di legalizzare i Corsi che gli studenti avrebbero dovuto seguire a San Giorgio, questi, per ottenere i titoli regolari, avrebbero potuto sostenere gli esami presso le loro Università a campagna finita, come gli studenti delle altre Facoltà».5

L’ipotesi di uno scollamento tra i momenti della formazione e la verifica delle conoscenze acquisite attraverso esami posposti a una distanza temporale imprevedibile, già pericolosa per le restanti discipline universitarie, sarebbe potuta diventare devastante per Medicina e chirurgia tanto da compromettere l’affidabilità dei futuri medici “di guerra” e riverberare effetti negativi su tutta la categoria professionale.

2 - Entra in scena l’Università di Padova

Il timore di vedere compromesso il futuro professionale di un’intera generazione di giovani interpellava con la sua drammaticità tutto il mondo accademico italiano, e in modo particolare la facoltà di Medicina dell’Università di Padova, tanto da spingerla a proporsi – con un ordine del giorno formale della sua facoltà di Medicina – in veste di titolata Università Castrense e a candidarsi essa stessa a sede di corsi accelerati del 3° e 4° anno per gli studenti-militari, rivendicando in tal modo anche la supremazia della propria tradizione accademica nei confronti dell’anomalia di San Giorgio (restata larvatamente sullo sfondo della deliberazione, pur senza essere chiamata in causa direttamente).

[La Facoltà] preoccupata della perniciosa influenza sulla cultura dei giovani e sul loro avvenire professionale, che verrebbe dall’obbligarli a frequentare i corsi di medicina applicata prima di avere conseguita la maturità necessaria nello studio delle materie biologiche fondamentali e dei processi patologici generali, si augura che […] si voglia consentire agli studenti del terzo e quarto anno di Medicina attualmente sotto le armi […] la frequenza a corsi accelerati delle predette materie che i professori ufficiali di questa Facoltà si assumerebbero ben volentieri di dettar loro nell’interesse della Scuola Italiana e per il decoro di questa Università la quale si onora di essere l’unico e completo centro superiore di studi in Zona di Guerra.6

 

Con questa presa di posizione ufficiale, sull’orgogliosa e travagliata autonomia della Scuola sembrò stagliarsi l’ombra protettiva e insieme limitante di un’Università di lunga e indiscussa tradizione, ma anche potenzialmente fagocitante la fragile realtà di San Giorgio di Nogaro; circostanza che impose un costante e ‘patteggiato’ ridimensionamento dell’autonomia didattica e formale della sede friulana. Ancora una volta Tusini cercò di ritessere la trama protettiva che già era servita da scudo all’esperienza di San Giorgio in tante altre occasioni, chiamando in causa, con accenti delicatissimi, colei che doveva aver avvertito più empaticamente vicina al progetto formativo della sua scuola di guerra.  

Altezza Reale Elena duchessa d’Aosta,

la Scuola di San Giorgio, nata fra il rombante fragore della guerra non avrebbe potuto corrispondere pienamente al suo scopo se non temprata ad un alito caldo di veramente umana pietà. Però maestri e discepoli erano ancor troppo pieni di sanguigne visioni d’ire e di lotte cruente per porgere con serena voce e intendere con animo tranquillo consigli suadenti ad una quiete spiritualmente operosa.

Fu l’assistenza premurosa, vigile e costante della Reale Altezza Vostra che ispirò a tutti anche il dovere di aprire sempre la mano per una carezza, dissolvere con un sorriso l’affanno, di rendere con una parola buona e confortevole meno acre una lagrima, meno amaro un doloroso rimpianto.

Ricordarono anche la Reale Altezza Vostra quando, per la irruente minaccia del nemico, chiusa la Scuola, furono di nuovo tutti dispersi fra lotte più aspre con nuovo e più sangue e più acerbi dolori. […] Così fecero tutti in campi diversi il loro dovere, facendo onore a se stessi e alla Scuola.

Ed allora ritorneranno, ma non ci saranno più tutti; non troveranno neppure tutte né uguali le antiche loro sedi, ma assai mutate le vecchie e molte aggiunte di nuove; ne avranno certo un po’ dolore, ma sentiranno anche presto il piacere di ritrovarsi con nuovi compagni in amica e più numerosa compagnia.

Io volli però riunire in questi fogli le impronte di quei luoghi dove, con così alto onore per la nostra Scuola, l’Altezza Vostra Reale seppe largire tanti e così fruttiferi germi di bontà e di virtù.

Così facendo mi arride viva la speranza che non muti e non manchi alla nuova Scuola la grande benevolenza e l’alto esempio educativo di Lei, Altezza Reale, così suggestiva educatrice a cose più nobili e degne.

Per la dolcezza grande dei ricordi e pei sentimenti di profonda devozione sui quali si fonda una tale speranza, oso adesso pregarLa di volerci degnare di accogliere il piccolo omaggio testimone reverente di un ossequio e di una riconoscenza che non avranno mai fine.

Prof. Giuseppe Tusini. San Giorgio di Nogaro – Ottobre 1916.7 

3 - Riprendono i corsi di medicina castrense

Con l’incedere dell’autunno, sul Carso e sulle montagne del Veneto le operazioni militari subirono una forzata stasi, e, in attesa del ritorno della stagione buona per fare la guerra, i militari studenti poterono così riprendere i corsi accelerati interrotti dalla recrudescenza bellica sugli Altipiani. Dapprima, però, solo in modi informali. Il Comando Supremo, infatti, con telegramma n. 35081 del 6 novembre, riconvocò a San Giorgio di Nogaro, per il 12 novembre, tutti gli studenti vincolati al servizio militare in zona di guerra, che per l’anno scolastico 1916-1917 risultavano iscritti al 5° e al 6° anno di Medicina e chirurgia, chiamandoli anche da fronti lontani, quali l’Albania e la Macedonia.

Già a partire dal 16 novembre essi poterono seguire «per volontaria e preziosa sollecitudine di egregi insegnanti universitari che si trovavano in quella zona, un corso di lezioni su discipline fondamentali del secondo biennio, sull’una o l’altra delle quali buona parte di allievi non aveva ancora superato l’esame».8

Finalmente, un terzo Decreto Luogotenenziale, il n. 1678 del 26 novembre 1916, mise fine all’anomalia di una sezione universitaria autonoma, scollegata dalle tradizionali istituzioni accademiche, facendo rientrare la sede ufficiale e legale dei corsi di Medicina per gli studenti militari al fronte nell’alveo naturale dell’Università di Padova, e allargando la copertura formativa anche agli studenti di Medicina del III e IV anno, recependo la preoccupazione circa la «perniciosa» discrasia tra momento teorico propedeutico e «medicina applicata», apertamente denunciata dalla presa di posizione del consesso accademico patavino. 

Il Decreto, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale dell’ 11 dicembre 1916, stabiliva che tutti gli studenti vincolati al servizio militare sia in zona di guerra che in quella territoriale, di qualsiasi arma e grado militare iscritti per l’anno accademico 1916-1917 al V e VI anno di Medicina e quelli iscritti al III e IV anno operanti in zona di guerra presso le varie facoltà di Medicina del Regno, dal 16 novembre 1916 fossero iscritti ex lege presso l’Università di Padova, diventata formalmente castrense in quanto sede di corsi speciali accelerati per studenti-soldato. Alla facoltà di Medicina di Padova doveva così considerarsi incernierata anche la sede di San Giorgio di Nogaro in qualità di sezione staccata castrense che, pur mantenendo una propria fisionomia organizzativa e didattica (tra cui una direzione autonoma – che si rivelerà non priva di frizioni – in capo allo stesso Tusini), avrebbe continuato a erogare i corsi esclusivamente per gli «aspiranti medici del quinto e sesto anno, vincolati al servizio militare tanto in zona di guerra quanto in zona territoriale».9 Così recitava, infatti, l’art. 3 del nuovo decreto:

Per rendere più spedito ed efficace l’ insegnamento nei corsi presso la Facoltà medico-chirurgica di Padova, e per corrispondere alle necessità di ordine militare circa la immediata disponibilità degli aspiranti ufficiali medici, la Facoltà stessa si gioverà degli impianti e del materiale dei corsi di medicina e chirurgia istituiti in San Giorgio di Nogaro con decreto luogotenenziale del 9 gennaio 1916, num. 38. A questo effetto gli Istituti di San Giorgio di Nogaro diventano una sezione della Facoltà medico-chirurgica di Padova.10

 

La normalizzazione introdotta dal decreto prevedeva che gli studenti militari del biennio terminale che avessero maturato entro il 25 novembre 1916 il grado di aspiranti ufficiali medici (tassativamente al di sotto dei trent’anni, con oltre quattro anni di frequenza e “in pari” con gli esami), dovessero frequentare i corsi di San Giorgio di Nogaro, diventata sezione staccata della facoltà Medico-chirurgica dell’Università di Padova. I restanti studenti del V e VI anno (non aspiranti medici per ragioni di carriera militare o in «debito di esami di materie fondamentali del IV anno o di anni precedenti»)11 e quelli comunque iscritti al III e IV anno di Medicina, furono invece obbligatoriamente concentrati nella sede di Padova.

Il termine Università Castrense è dunque appropriato solo se riferito all’esperienza didattica del secondo anno dei corsi di San Giorgio di Nogaro (novembre1916-marzo1917), mentre per il primo anno (febbraio-maggio 1916), in assenza di legami formali con un’università madre, non si sarebbe dovuto, a rigore, utilizzare il termine «Università», bensì quello di «Scuola medica da campo». Tale distorsione lessicale contribuì indubbiamente a fomentare critiche e polemiche.

Così, 247 dei 449 studenti, che a partire dal 16 novembre avevano seguito le prime lezioni a San Giorgio di Nogaro (privi evidentemente dei requisiti necessari per essere ‘aspiranti medici’) furono trasferiti alle aule di Padova, mentre al campus friulano afferirono in prima battuta 832 studenti-militari «aspiranti medici», poi ridottisi a 812 (191 del quinto anno e 621 del sesto) sotto la direzione di Giuseppe Tusini (direttore della sede, non preside di facoltà), provenienti da 17 Università del Regno. La quasi generalità dei docenti della sessione precedente riprese la propria funzione, con alcuni innesti dovuti a una popolazione scolastica aumentata in modo esponenziale (da 466 a 812 studenti) e con sdoppiamento degli orari dei corsi. I 21 titolari d’insegnamento (11 professori ordinari e 19 liberi docenti) furono affiancati da 20 tra Aiuti e Assistenti. La ricchezza del materiale a disposizione per le esercitazioni e le dimostrazioni didattiche era legata anche alla vicinanza dei più grandi ospedali dell’Armata con le casistiche di cui erano portatori non solo i militari ma anche la popolazione civile (adulti, bambini e donne, come si è visto). E non solo la traumatologia di guerra ma anche l’immenso spettro delle sofferenze della popolazione civile, compresi i profughi delle terre al di là del confine, appena conquistate e la numerosa popolazione dei prigionieri alloggiati nel vicino campo di Bagnaria Arsa.

A fornire mezzi dimostrativi alla Scuola per l’insegnamento concorsero anche molti istituti universitari e la Scuola di Sanità Militare di Firenze. Importante ai fini didattici fu anche un Museo Traumatologico istituito dall’insegnante di Anatomia umana con una ricchissima raccolta di casi di traumatologia di guerra dai più semplici a quelli di maggiore complessità.12

A Padova, invece, si costituì il cosiddetto «Battaglione universitario» forte di 1.332 unità (n. 315 del III; n. 414 del IV; n. 469 del V; n. 134 del VI anno) al comando del maggiore Carlo Salvaneschi, un valoroso mutilato del 36° reggimento di fanteria.

4 - San Giorgio di Nogaro sezione staccata dellʼUniversità Castrense di Padova

Complessivamente la seconda esperienza castrense, unicum della Grande Guerra, coinvolse 2.244 giovani militari. La funzione di preside – con il grado di maggiore generale – fu espletata da Luigi Lucatello, patologo medico di Padova, che dal 1919 al 1926 sarà rettore della stessa Università.

È intuitivo che tra le due polarità – entrambe fortemente intense – i rapporti, pur nella formale correttezza, dovessero manifestare nello scorrere dei mesi alcune criticità. Emblematica di tutto un clima, è la seguente lettera che nel gennaio 1917 il rettore di Padova, Ferdinando Lori, inviava al sottosegretario alla Pubblica istruzione Angelo Roth:

Carissimo, […] Sono stato a San Giorgio, ed ho verificato che negli studenti vi è un grande malumore. Essi sono molto preoccupati per la questione degli esami: temono che da un momento all’altro, come accadde l’anno scorso, i corsi vengano chiusi senza che vi sia il tempo per gli esami stessi. Credo che questa sia la ragione, per cui il Tusini ha chiesto al Ministro che la sessione d’esami cominci subito. Ed effettivamente comincerà se il Comando Supremo, come ho motivo di ritenere, manderà gli studenti a Padova. Come questi esami andranno non so prevedere, perché le condizioni delle carriere scolastiche degli studenti sono per la grande maggioranza disastrose… L’accenno che ho fatto a S.E. [il riferimento è a Francesco Ruffini, ministro dell’Istruzione, allora in carica N.d.A.] dell’incompatibilità della coesistenza di un Consiglio della Scuola (convocato dal Tusini) con quello della Facoltà di Padova è suggerito dal timore eventuale di conflitti che sarebbero origine a spiacevoli conseguenze.

Io mi permetto di richiamare anche la Tua attenzione su questo punto della mia lettera a S.E. e segnalare al Ministro la necessità di troncare dalle radici subito questo Consiglio della Scuola di San Giorgio, che ha fatto capolino ufficialmente per la prima volta, in una lettera che il Tusini ha diretto al Ministro il 18 corrente mese per chiarire la sessione degli esami, ed alla quale il Ministro ha risposto ufficialmente e direttamente.

Qui le cose non vanno male: spero che il Ministro sia contento di come finora Padova ha assolto il suo compito. Io attendo una sua visita o una sua risposta per quanto riguarda il problema degli alloggi per gli studenti. Comprendo l’impressione che avrà fatto la spesa (55.000 lire), ma a San Giorgio i ricoveri ci sono: qui il Comune ne ha fatti per la popolazione spendendo, credo, oltre 200.000 lire. Una ulteriore richiesta solleverebbe molte proteste.13

 

Per ospitare una popolazione “castrense” più che raddoppiata, nell’ottobre 1916, accanto alle strutture precedenti, furono velocemente approntate in San Giorgio una nuova grande aula studio, una mensa da 400 posti e una serie di piccole aule e laboratori: praticamente una seconda cittadella degli studi, effimera (perché interamente in legno) ma molto funzionale. Tutti gli studenti furono assegnati all’ospedale da campo n. 238, che nel frattempo era stato trasferito dalla sistemazione originaria di casale Margreth, negli spazi più ampi delle Fornaci Foghini, requisite per necessità di guerra e quindi non più operative.

Oltre ai vecchi alloggi del primo anno, furono utilizzati quattro nuovi dormitori dotati dei necessari locali di servizio, compresi luoghi di “rifugio” (chiamati scherzosamente fif-house) realizzati all’aperto, con poco cemento e molta terra, e assiduamente frequentati a causa dei moltissimi bombardamenti aerei che flagellarono San Giorgio di Nogaro per la sua posizione strategica (si racconta siano cadute tremila bombe, frutto di centinaia di incursioni). La nuova logistica permise all’ospedale n. 238 di prendersi cura anche dei prigionieri dell’esercito austro-ungarico reclusi nei campi di detenzione allestiti nel territorio, in particolare a Bagnaria Arsa.

5 - L’ordinamento didattico del secondo anno dei Corsi:  

Dato i numero degli iscritti, a partire da gennaio 1917, i corsi furono sdoppiati in due turni d’orario, così che gli insegnanti dovettero fare lezioni tutti i giorni e attendere per altre due ore giornaliere alle esercitazioni pratiche unitamente ai loro aiuti e assistenti.

 

Clinica chirurgica generale e Medicina operatoria

Giuseppe Tusini tenente colonnello medico C.R.I., prof. ordinario delle stesse discipline Università di Modena (titolare dell’insegnamento e direttore dei corsi);

Pietro Marogna capitano medico C.R.I., aiuto nelle stesse discipline – Università di Modena (aiuto e docente di Medicina operatoria);

Fedele Fedeli tenente medico C.R.I., assistente nelle stesse discipline – Università di Modena assistente);

Luigi Duranti capitano medico C.R.I., assistente nelle stesse discipline – Università di Pisa (assistente).

Per le esercitazioni pratiche di clinica chirurgica collaborò anche il prof. Leonardo Dominici.

 

Clinica medica generale

Maurizio Ascoli capitano medico S.M., prof. ordinario di Patologia speciale medica Università di Catania (docente);

Antonio Fagiuoli maggiore medico S.M., aiuto di Patologia speciale medica – Università di Catania (aiuto);

Valentino Facchini tenente medico S.M., assistente di Clinica medica generale – Università di Bologna (assistente);

Francesco Schiassi tenente medico S.M., assistente Ospedale Maggiore di Bologna (assistente);

Mario Prezzolini tenente medico S.M., assistente Ospedale Maggiore di Bologna (assistente).

 

Semeiotica medica

Angelo Signorelli maggiore medico S.M., libero docente di Patologia speciale medica Università di Roma (docente);

Giuseppe Lucibelli maggiore medico S.M., libero docente di Clinica medica – Università di Napoli (docente).

 

Clinica delle malattie nervose e mentali

Ottorino Rossi maggiore medico S.M., prof. straordinario di Clinica delle malattie nervose e mentali Università di Sassari (docente);

Angelo Alberti maggiore medico S.M., direttore Manicomio di Pesaro (aiuto e titolare lezioni di Semeiotica con prof. Rossi);

Ugo Lombardi tenente medico C.R.I. (assistente);

Vincenzo Pantò tenente medico S.M. (assistente).

 

Clinica oculistica

Gaetano Samperi maggiore medico S.M., libero docente di Clinica oftalmica Università di Torino (docente);

Giacinto Pastonesi tenente medico S.M. (assistente).

 

Clinica ostetrica e ginecologica

Michelangelo Savarè capitano medico S.M., libero docente di Clinica ostetrica e ginecologica Ist. Studi Superiori Pratici e di Perfezionamento di Firenze (docente);

Paolo Gaifami capitano medico C.R.I., assistente di Clinica ostetrica e ginecologica Università di Roma (aiuto e titolare del Corso di operazioni ostetriche);

Dino Bogi tenente medico C.R.I., assistente di Clinica ostetrica e ginecologica – Università di Pisa (assistente).

 

Clinica pediatrica

Giovanni Battista Allaria maggiore medico S.M., prof. straordinario di Clinica pediatrica Università di Torino (docente);

Ruggero Vaglio capitano medico S.M., assistente di Clinica pediatrica – Università di Napoli (assistente).

 

Clinica dermosifilopatica

Ferdinando De Napoli maggiore medico S.M., libero docente di Clinica dermosifilopatica Università di Bologna (docente);

Arturo De Amicis capitano medico S.M., aiuto di Clinica dermosifilopatica Università di Genova (aiuto).

 

Anatomia patologica e diagnostica anatomo-patologica (solo per gli studenti del 6° anno)

Antonio Dionisi maggiore medico R.M., prof. ordinario di Anatomia patologica – Università di Palermo (docente);

Giuseppe Gherardo Forni tenente medico S.M., assistente di Anatomia patologica – Università di Bologna (assistente).

 

Igiene

Arnaldo Maggiora Vergano tenente colonnello medico S.M., prof. ordinario di Igiene – Università di Bologna (docente);

Bartolomeo Majmone tenente Esercito (aiuto).

 

Stomatoiatria (obbligatoria per i soli studenti del 5° anno)

Amedeo Perna maggiore medico S.M., libero docente di Stomatoiatria – Università di Roma (docente);

Luigi Benedini capitano medico S.M., incaricato insegnamento di Protesi dentaria Istituto Stomatologico Italiano (assistente).

 

Otorinolaringoiatria (obbligatoria solo per gli studenti del 5° anno)

Salvatore Citelli maggiore medico S.M., prof. straordinario di Clinica otorinolaringoiatrica Università di Catania (docente);

Pietro Caliceti tenente medico S.M. (assistente).

 

Medicina legale

Attilio Cevidalli tenente colonnello medico S.M., prof. ordinario di Medicina legale – Università di Parma (docente).

 

Corsi complementari su materia arretrate:

Anatomia umana normale e topografica: Giunio Salvi maggiore medico CRI, ordinario di anatomia umana – Università di Parma (docente); Emanuele Celli tenente medico S.M.(assistente) – Università di Parma;

Fisiologia: Giuseppe Buglia maggiore medico S.M., libero docente di fisiologia – Università di Pisa (docente);

Patologia speciale chirurgica: Leonardo Dominici capitano medico S.M., libero docente di patologia speciale chirurgica – Università di Roma (docente);

Patologia speciale medica: Francesco Feliziani capitano medico CRI, libero docente di patologia speciale medica  – Università di Roma (docente).

Patologia generale: Gino Galeotti – tenente colonnello medico CRI, ordinario di patologia generale – Università di Napoli (dal 15.11 al 18.12.1916) e Vittorio Scaffidi maggiore medico S.M., straordinario di patologia generale – Università di Palermo (dal 29.12.1916 al 15.4.1917)

Materia medica e Farmacologia: Carlo Gazzetti, maggiore medico S.M., libero docente di farmacologia – Università di Modena

6 - I 1332 studenti dellʼUniversità Castrense di Padova: ovvero, il Battaglione più colto dʼItalia

Ne convennero [a Padova] da tutte le armi e furono riuniti in un battaglione universitario, il più colto battaglione che mai abbia avuto un esercito. Il vecchio Studio della Serenissima rivisse i bei tempi del Cinquecento e del Seicento, quando esso era l’Universitas Studiorum per eccellenza, rinomata in tutto il mondo e centro del sapere, a cui traeva a frotte la gioventù di tutte le genti d’Europa che si raccoglieva in altrettante corporazioni studentesche dette “Nazioni”: questa volta però lo studio patavino fu l’Università italica per eccellenza, perché ebbe per scolari i figli di tutta la Patria.14

 

Le aule pressoché deserte dell’Università di Padova (durante l’anno accademico 1914-’15 l’83% degli studenti maschi fu chiamato alle armi) si ripopolarono a partire dal 4 dicembre 1916 con la piccola folla degli studenti di Medicina in forza all’esercito, i quali furono inquadrati nel Battaglione degli studenti di Medicina e chirurgia o, più semplicemente, Battaglione universitario.15

Il battaglione, diviso in quattro compagnie di allievi di truppa e due compagnie di allievi ufficiali, era costituito da 328 ufficiali e 1004 marescialli, sottufficiali e soldati, ed era considerato come appartenente all’esercito d’operazione temporaneamente dislocato nelle retrovie. Una quinta compagnia riuniva i professori con grado militare, tutto il personale del comando, gli ufficiali d’inquadramento e tutti gli uomini di truppa di servizio. Fu il rettore Ferdinando Loriconsultato il senato accademico – a proporre al ministro della Pubblica istruzione gli elenchi da cui sarebbe stato attinto il personale docente per l’Ateneo patavino: 24 professori ordinari, di cui 9 provenienti da altre facoltà e 5 professori incaricati. Inoltre, prestarono la loro opera anche molti altri medici impegnati a diverso titolo negli ospedali della città. Numerosi aiuti e assistenti universitari e alcuni primari ospedalieri, tutti forniti degli adeguati gradi militari, furono ugualmente comandati a Padova, con il consenso del ministero della Guerra e della Pubblica istruzione.

 

IL CORPO DOCENTE DELL’UNIVERSITA’ CASTRENSE DI PADOVA

Giuseppe ALBERTOTTI, ordinario di Clinica oculistica

sen. Edoardo BASSINI, ordinario di Clinica chirurgica

Ernesto BELMONDO, ordinario di Clinica delle malattie nervose e mentali

Dante BERTELLI, ordinario di Anatomia umana normale

Augusto BONOME, ordinario di Anatomia patologica

Pier Ludovico BOSELLINI (Sassari), ordinario di Clinica dermosifilopatica

Achille BREDA, ordinario di Clinica dermosifilopatica

Attilio CATTERINA, ordinario di Medicina operatoria

Oddo CASAGRANDI, ordinario di Igiene

Giusto CORONEDI (Parma), ordinario di Materia medica e farmacologica

Sen. Girolamo GATTI (Firenze), ordinario di Patologia speciale chirurgica

Luigi LUCATELLLO, preside della facoltà Medico-chirurgica e incaricato di Clinica medica, consulente medico di Corpo d’Armata

sen. Edoardo MARAGLIANO (Genova), ordinario di Clinica medica

Gian Giacomo FERRANDO (Genova), ordinario di Medicina legale

Alberto PEPERE (Cagliari), ordinario di Anatomia patologica

Demetrio RONCALI, ordinario di Patologia speciale chirurgica

Luigi SABBATANI, ordinario di Materia medica e farmacologica

Cesare SACERDOTI (Siena), ordinario di Patologia generale

Ignazio SALVIOLI, ordinario di Patologia generale

Aristide STEFANI, ordinario di Fisiologia

Giuseppe STERZI (Cagliari), ordinario di Anatomia umana normale

Sen. Arrigo TAMASSIA, ordinario di Medicina legale

Vitale TEDESCHI, ordinario di Clinica pediatrica

Ettore TRUZZI, ordinario di Clinica ostetrica e ginecologica

Alberto CAVAZZANI (Genova), prof. di Fisiologia – Università libera di Ferrara

Amatore AUSTONI, libero docente di Patologia speciale chirurgica, per medicina operatoria

Antonio MORI, libero docente – Istituto superiore di Firenze di Medicina operatoria

Giulio Andrea PARI, libero docente e incaricato di Patologia medica

Arturo CARRARA, libero docente e incaricato di Medicina operatoria.

 

Originariamente nell’organigramma era compreso Achille De Giovanni,16 ordinario di Clinica medica e decano dell’università patavina, ma egli poté soltanto tenere la prolusione ufficiale inaugurale ai corsi poiché sarebbe morto immediatamente dopo, il 9 dicembre 1916.

Anche tre donne fecero il loro ingresso tra il personale docente dei corsi castrensi di Padova: Carmelita Rossi, aiuto dell’Istituto universitario padovano di Igiene, Giulia Vastano aiuto di Clinica pediatrica e Maria Pelanda, sottotenente assimilata, preparatrice in Anatomia patologica. Complessivamente il corpo docente di Padova contava: 25 professori ordinari, 5 incaricati, 25 aiuti e 30 assistenti.

I corsi avevano trovato sede in padiglioni già utilizzati come ospedali militari o negli edifici della nuova città universitaria in via Loredan e nella scuola elementare “Roberto Ardigò”. Per la didattica furono utilizzati il fabbricato ospedaliero di via Giustiniani e la Scuola di medicina a San Mattia (Fisiologia, Anatomia patologica, Materia medica, Medicina legale). Oltre all’istituto anatomico ordinario di via Gabelli, fu realizzato un nuovo Istituto anatomico nei locali dell’ex macello disegnato da Giuseppe Jappelli, ormai trasformato nella sede della scuola di disegno “Pietro Selvatico”. L’edificio era dotato di quattro saloni di circa 100 metri quadrati ciascuno per Medicina operatoria e Anatomia patologica e di una singolare sala anatomica di 280 metri quadrati (la “Rotonda”, dalla splendida architettura), dove furono allestiti 24 tavoli anatomici operatori illuminati da un immenso lucernaio ampio 45 metri quadrati.

Anche per Padova l’esperienza dell’Università Castrense resterà un unicum contingente; già il 6 settembre 1917 il ministro della Guerra, generale Gaetano Giardino, aveva anticipato al Capo di Stato Maggiore dell’Esercito un parere negativo sull’opportunità di proseguire gli insegnamenti accelerati in corpi organizzati militarmente. Non solo: da Padova furono trasferiti a Bologna alcuni servizi e istituzioni sanitarie, poiché la città, troppo vicina alla linea del Piave dopo Caporetto, aveva sostituito Udine come «capitale di guerra», con prevalenti funzioni di carattere bellico.

 

7 - Laurea di guerra?

A San Giorgio i corsi ‘ufficiali’ ebbero inizio il 26 novembre, quelli di Padova il 4 dicembre 1916 per terminare in entrambe le sedi il 30 marzo 1917.  Sempre a San Giorgio le lezioni non furono svolte solo sulle materie previste dagli ordinamenti delle regie Università per l’ultimo biennio, ma anche per quelle arretrate del 3° e del 4° anno. Le lezioni erano impartite da lunedì a sabato dalle 7.30 alle 12, integrate dalle 14 alle 18 da esercizi clinici e di laboratori e da tutte le attività ospedaliere e di ricerca già attivate nel primo anno. Dalle ore 20 alle 22 era previsto lo studio camerale. Anche la domenica era scandita da momenti di studio e da lezioni nella mattinata, mentre al pomeriggio si svolgevano incontri di aggiornamento anche con la presenza di oratori di prestigio e turni di esercitazioni pratiche. Da gennaio a marzo, dato il numero degli studenti, si rese necessario lo sdoppiamento dei corsi, con ulteriore aggravio di impegno da parte dei docenti. Le lezioni effettivamente impartite furono 1.238, alle quali si aggiunsero numerose e quotidiane dimostrazioni pratiche su malati e le esercitazioni di laboratorio e quelle di anatomia sui “cadaveri” (112 furono le autopsie eseguite dal prof. Dionisi nel secondo anno dei corsi).

La sezione ordinaria degli esami speciali si prolungò fino al 4 aprile con 6.215 esami sostenuti a Padova e 2.336 a San Giorgio di Nogaro (qui, sempre per dettato legislativo, le commissioni d’esame furono composte dal docente della materia della scuola e da due docenti esterni designati del rettore di Padova). Gli studenti di entrambe le sedi sostennero l’esame finale di laurea presso l’Università di Padova dal 5 al 15 aprile, con l’agevolazione di poter sostituire la tesi scritta con la discussione orale di un caso patologico assegnato dalla commissione esaminatrice solo a qualche giorno dall’esame finale.

Sui 134 studenti iscritti per il sesto anno a Padova in quanto non ancora «aspiranti medici » e che quindi a Padova avevano seguito i corsi, se ne laurearono 67.  Sui 621 laureandi iscritti per il sesto anno nella sezione staccata di San Giorgio di Nogaro in quanto già «aspiranti medici», si presentarono agli esami 467, ottenendo tutti la laurea, alcuni con risultati molto brillanti (28 con «pieni voti assoluti e lode»; 69 «pieni voti assoluti»; 146 «pieni volti legali»). In buona sostanza la scuola di San Giorgio di Nogaro uscì molto onorevolmente dalla prova, anche in considerazione della neutralità di una commissione giudicatrice con netta prevalenza della componente accademica patavina (otto contro tre ).

Le splendide fotografie dello studio Pospisil mostrano il cortile di Palazzo del Bo rigurgitante di studenti al termine dei corsi, il 30 marzo 1917; li accompagnavano le parole di commiato del rettore Lori:

Il compito di preparare e svolgere i corsi accelerati, cui siete stati chiamati da volontà superiore non era facile per i vostri insegnanti né per voi quello di seguirlo. Ho udito da taluno diminuire il valore dei vostri studi, e specialmente del vostro diploma, chiamandolo Laurea di guerra […] voi uscendo da questa Università, entrerete negli Ospedali dove a fianco di medici e chirurghi esperti avrete occasione di iniziare o completare il tirocinio pratico secondo che appartenete ad anni più o meno avanzati o avete compiuto il corso scolastico e questo costituirà per la vostra cultura un largo compenso ad alcuni mesi di minor frequenza a corsi di lezioni.17

 

Il 25 ottobre 1917, appena il giorno dopo Caporetto e la dilagante occupazione di Friuli e Veneto da parte degli eserciti austro-ungarici, Giuseppe Tusini assunse la funzione di Delegato presso l’ Intendenza della III Armata, spendendosi con grande energia per la riorganizzazione delle fila della CRI, anch’esse travolte dalla ritirata e per la riorganizzazione del centro per feriti cranici e midollari. In particolare, «pur non essendosi potuto mettere a sua disposizione alcun mezzo di trasporto [Tusini] riuscì con due soli carri forniti dalla CRI, a mettere al sicuro, con ripetute piccole tappe»18 la documentazione della Scuola di San Giorgio, compresi i materiali scientifico del Museo Traumatologico e la biblioteca.

L’Albo dei Caduti della Grande Guerra registra allo stato della presente ricerca i nomi di almeno 42 studenti di San Giorgio caduti o dispersi unitamente a due docenti morti sullo scorcio del conflitto: Carlo Gazzetti, titolare a San Giorgio dell’insegnamento di Farmacologia fu stroncato dalla pandemia influenzale il 24 ottobre 1918 presso la 63° Sezione di Sanità della quale era comandante,  mentre si prodigava all’assistenza di infermi militari e civili contagiati; Emanuele Celli, assistente di Giunio Salvi per l’insegnamento di Anatomia, morì il 30 ottobre 1918 a Lutrano per una ferita al petto riportata durante un combattimento; e quindi decorato con medaglia di bronzo al valor militare. Tusini, inoltre, registrò scrupolosamente fino al 1 ottobre 1918 (data della sua relazione consuntiva) il conferimento agli studenti di San Giorgio di 31 encomi solenni, 51 medaglie di bronzo e 2 d’argento. A tutt’oggi, tuttavia, questi dati non sono del tutto esaustivi e richiedono un supplemento di ricerca.

A molte famiglie il diploma di laurea fu recapitato per posta, dopo l’annuncio della morte del loro giovane congiunto.

Il 13 novembre 1917 Carlo Porro, Sottocapo di Stato Maggiore dell’Esercito, e Gaetano Giardino, Ministro della Guerra, d’intesa con il Ministro della Pubblica Istruzione Agostino Berenino convennero di dichiarare chiusa l’esperienza dei Corsi accelerati di Medicina e chirurgia e nella primavera 1918 avvenne il congedo definitivo degli studenti non ancora laureati alle rispettive università.

8 - Anche ostetricia, ginecologia e pediatria nella facoltà di guerra  

Fra gli argomenti più frequentati dai detrattori dell’Università Castrense, tenne banco la pretesa assenza di casistiche di approfondimento nei campi dell’Ostetricia, Ginecologia e Pediatria:

L’educazione medica non si può ottenere in un campo così ristretto di esemplificazione scientifica come è San Giorgio di Nogaro. Che ne è della cattedra di pediatria? Serviranno forse i figli dei richiamati? E di quella di ostetricia? E di quella di ginecologia? Non penso che vi sia materiale ginecologico in mezzo alle truppe.19

 

Così si chiedeva, con evidente ironia, l’onorevole Fabrizio Maffi (medico), nel corso di un’interpellanza alla Camera dei deputati il 4 marzo 1916. Al sarcasmo di Maffi facevano da controcanto le argomentazioni di Pietro Giacosa, autorevole docente dell’Università di Torino, che aveva personalmente visitato la Scuola di San Giorgio di Nogaro:

Si è molto scherzato e si è fatto del facile spirito sulla sezione ostetrica, ginecologica e pediatrica. Ma negli ospedali dei centri maggiori vicini a San Giorgio vi sono pure maternità, e a Latisana e a Palmanova gli studenti possono recarsi per il loro turno ostetrico; non sono i mezzi di trasporto che mancano. La popolazione poi e i profughi danno un contributo copioso alla ginecologia; la confidenza va sempre crescendo verso gli insegnanti e agli ambulatori accorrono donne e bambini. Solo i casi più interessanti sono ricoverati per l’operazione. A San Giorgio esiste un reparto di bambini malati. Quante Università lo hanno? Io non lo so.20

 

Oltre alla popolazione femminile del territorio che si avvicinò alla nuova struttura, alle cure e alla sorveglianza sanitaria della Clinica ginecologica universitaria dovettero senz’altro ricorrere anche le numerose prostitute che ogni quindicina si alternavano nei due “bordelli” di guerra allestiti a San Giorgio, proprio in funzione dei militari provvisoriamente residenti in paese.

Sembra fondato poter affermare che le radici della Pediatria in Friuli affondino anche nell’esperienza dell’Università castrense. Esse hanno un nome: quello di Guido Berghinz che a San Giorgio di Nogaro insegnò Clinica pediatrica nel primo anno.21 Forse proprio a San Giorgio di Nogaro Berghinz ebbe modo di sperimentare la valenza di quel rapporto tra ospedale e università – di cui fu sempre strenuo assertore – che portò nella prima metà del Novecento la medicina ospedaliera a un grado di notevole prestigio. E certamente a lui si deve il merito di aver contribuito alla diffusione della sensibilità pediatrica fra la classe medica friulana e allo sviluppo delle opere per l’assistenza all’infanzia, che erano timidamente sorte alla fine dell’Ottocento.

Berghinz fu insignito della medaglia d’argento al valor militare, per un episodio avvenuto il 27 agosto 1917, con la seguente motivazione: «Durante lo scoppio di un deposito di munizioni, che danneggiò gravemente l’ospedale da lui diretto, con grande calma e noncuranza del pericolo provvide sapientemente a porre in salvo tutti i suoi ammalati, fornendo così prova di fermezza e di profondo sentimento del dovere – Udine (Ospedale Dante) – 27 agosto191722

Professore Tusini grazie. Ella ha propriamente sentiti tutti i palpiti ed i sentimenti degli allievi e dei maestri, ha veramente vissuto la nostra scuola alla quale io mi sento orgoglioso di appartenere, e che Ella ha creata. La sua fede ci è assicurazione di sicurezza, io la ringrazio anche come friulano per questo onore fatto al mio paese.23

 

Con questo biglietto, datato 13 ottobre 1916, Berghinz si accomiatò da Tusini, essendo sostituito nel secondo anno alla cattedra di San Giorgio di Nogaro da Giovanni Battista Allaria, ordinario di Pediatria a Torino.

La Pediatria, allora quasi allo stato nascente, trovò terreno certo fertile nella scuola sangiorgina dalla quale, infatti, uscirono figure di rilievo del periodo post-bellico, se ne ricordano alcune, in estrema sintesi:

Gaetano Salvioli (1894-1982), nato a Modena; iscritto all’Università di Napoli (dove si laureò a guerra finita), frequentò il quinto anno di Medicina e chirurgia nei corsi di San Giorgio nella sessione 1916-17. Dopo varie esperienze alla scuola di Alessandro Lustig e dopo alcuni incarichi di docenza, nel 1938 subentrò nella direzione della Clinica pediatrica universitaria dell’Ospedale Gozzadini di Bologna a Maurizio Pincherle, che era stato espulso dall’Università perché ebreo a seguito delle leggi razziali. Salvioli mantenne la direzione della clinica fino al 1964, svolgendo in particolare attività di studio e di ricerca nel campo della profilassi della tubercolosi e della poliomielite. Esercitò un’intensa attività pubblicistica e fu anche direttore del mensile “La Clinica Pediatrica”.

Un altro allievo fu Giovanni De Toni (1895-1973) che si laureò con «lode e dignità di stampa» il 15 dicembre 1919 presso l’Università di Padova. Durante la guerra meritò diverse onorificenze come ufficiale combattente e soffrì la prigionia nel campo di concentramento di Sigmundsherberg. Docente e direttore della Clinica pediatrica di Modena, sarà a lungo direttore della Clinica pediatrica “Giannina Gaslini” di Genova. Con un lavoro di squadra assai moderno per i tempi, la sua équipe studiò i temi dell’accrescimento, elaborando un nuovo “metodo auxologico. Nel 1949 fondò, con altri, la rivista “Minerva Pediatrica”.

Marco Bergamini (1892-1977), frequentò entrambe le annualità dei corsi accelerati di San Giorgio, conseguendo la laurea a Padova il 3 aprile 1917. Durante la guerra si segnalò per episodi di valore e dovette affrontare un anno di prigionia in Austria. Fu pediatra, docente all’Università di Modena dal 1919 al 1945, presidente della Società di medicina sociale e di Deontologia sanitaria e diresse il mensile “Il Lattante”.

9 - Ancora su Giuseppe Tusini

Rispetto alla figura-chiave di Tusini alcune illuminanti riflessioni sono venute da un recentissimo convegno svoltosi all’Università di Udine, in particolare dall’intervento di Massimo Saviano:

Oltre che come chirurgo Tusini mostrò notevoli doti organizzative nella creazione e gestione di posti di medicazione avanzati, di ambulanze, di ospedali di prima e seconda linea, di convalescenziari. Un risultato non trascurabile fu una quasi spontanea logica ed ordinata specializzazione degli ospedali in zona di guerra a seconda del tipo di patologia ed assistenza necessari che contribuì a salvare molti pazienti. Anche dopo la chiusura dei corsi nell’aprile 1917 le strutture cliniche della Scuola da Campo continuarono a funzionare come altrettanti reparti organizzati specializzati d’Armata a beneficio dei Servizi Sanitari dei combattenti. Con la collaborazione del docente di neurologia Ottorino Rossi, Tusini creò e diresse nel 1916 e  1917 anche un importante Centro di Neurochirurgia cranica e midollare, con sede a San Giorgio ed in due reparti avanzati a Sagrado ed a Soleschiano di Redipuglia, dove si recava personalmente ad operare nei momenti di più intensa attività di combattimento. Qui convergevano e furono salvati con interventi di neurochirurgia per quei tempi anche arditi, molti feriti da proiettili e schegge di granata.

Non dimentichiamo quelle che erano e strutture e le risorse sanitarie a disposizione in quei tempi. Siamo in era preantibiotica, le nozioni d’igiene in zona di guerra e nelle trincee erano aleatorie se pure perseguite, concetti di asepsi e antisepsi non erano ancora codificati e attuabili. I presidi a disposizione per le medicazioni erano rappresentati da sostanze non prive di tossicità. La soluzione di Carrel-Dakin considerata dai chirurghi dell’epoca innovativa era a base d’ipocloroso (l’ipoclorito di sodio è il principio attivo della candeggina). Altri presidi a base di sostanze anch’esse non prive di tossicità e di effetti collaterali non trascurabili erano il permanganato di potassio, utilizzato come disinfettante, antivenereo, nonché sperimentato come possibile antidoto nell’avvelenamento da fosforo e da iprite ma di efficacia peraltro non comprovata. Largo spazio trovava la tintura di iodio per sterilizzare in campo operatorio. Anestetici a disposizione erano solo l’etere ed il cloroformio. La morfina, se disponibile, era il presidio elettivo per lenire i dolori dei feriti nelle trincee. Le strutture radiologiche, i laboratori, le strutture operatorie anche nei grossi ospedali territoriali non erano certo comparabili a quelle odierne. Nonostante ciò notevoli furono i risultati medici raggiunti nel soccorso e nella cura dei feriti, in particolare grazie alla perizia dei chirurghi del tempo.

Furono bene apprezzate e tenute in considerazione sia dallo Stato Maggiore che dai colleghi le proposte migliorative e le raccomandazioni fornite da Tusini per l’assistenza ai feriti in termini di efficienza ed efficacia, antesignane di quelle che oggi potremmo definire protocolli e linee-guida.24

 

Una fra le più complesse operazioni eseguite da Tusini all’ospedale nel Centro di neurochirurgia cranica e midollare dell’Ospedale n. 8, che aveva sede nel Municipio di San Giorgio, fu quella praticata su Fulcieri Paulucci di Calboli, un tenente forlivese di nobili estrazioni, espressione emblematica ed estrema dei riferimenti culturali e ideali del nazionalismo interventista di tanti giovani studenti e intellettuali, che vissero la guerra come compimento del processo unitario risorgimentale.25

Il 27 giugno 1918 a Tusini venne concessa sul campo dal Comando della III armata la medaglia d’argento al valor militare;26 su proposta del delegato generale della Croce rossa presso l’esercito Guido Bassi, gli fu anche conferita il 2.6.1918 la medaglia d’oro con palma al merito della CRI, (Tusini aveva già ricevuto, 30.11.1917 l’analoga medaglia d’argento).27