I giorni decisivi per la nascita della scuola

1 - Continuano le ‘vacanze romaneʼ di Tusini

Il diario romano di Tusini non sembrò cogliere le differenze, pur registrando con diversa accentuazione gli esiti della difficile giornata parlamentare, compresa la magistrale mossa attivata ai fini di neutralizzare le dure critiche dell’autorevole senatore Foà:

17 DICEMBRE – Il senatore Foà, di cui nessuno poteva dubitare, prende la parola per criticare molte cose [in relazione agli aspetti sanitari della conduzione della guerra N.d.A.] e fra l’altro anche la proposta della così detta Università Castrense. Il Ministro della P.I. è malato. Manca il Sottosegretario. Perciò risponde il Ministro della Guerra abbattendo addirittura tutte le critiche del senatore Foà. Ma si lascia scappar detto che occorrerà l’approvazione del Consiglio superiore dell’Istruzione Pubblica ciò che equivarrebbe a mandare a monte ogni cosa. Procuro quindi di trovarmi la sera stessa col Foà ed il senatore Marchiafava ne porge il destro invitandoci a pranzo a casa sua: quivi riesco a convincere il senatore Foà dell’errore commesso ed a farmi promettere che il giorno appresso avrebbe fatto subito onorevole ammenda del proprio errore in Senato.1

Segue ancora un appunto spurio:

Iersera in casa del Sen. Marchiafava sono stato con Foà, al quale ho nettamente delucidata la questione nei suoi veri termini, dimostrando l’indispensabilità del corso per gli studenti del V° anno, e la eventuale [illegibile] di sicurezza per quelli del VI°. Egli ha promesso che questa sera col Ministro della Guerra al Senato parlerà modificando le sue critiche di ieri. Spero che lo farà.

18 DICEMBRE – Intanto ho modo di istruire i Deputati, Senatori, Clinici Medici che posso vedere, Maragliano, Queirolo, Zagari, Lucatello, ecc. sulla efficacia anzi sulla indispensabilità della proposta e li convinco in modo che parecchi di essi mi chiedono cosa possono fare per venire essi stessi a dare lezioni. L’On. Queirolo stende subito una domanda al Ministro per essere scelto per l’insegnamento a S. Giorgio di Nogaro, della Clinica Medica.

Alle 18 il Ministro Grippo, essendo ieri assente, prende la parola sul verbale e dà spiegazioni esaurienti sulla Scuola da Campo, facendo comprendere che sulla questione dei Corsi accelerati il Consiglio Superiore della P.I. era già stato inteso. Il Senatore Foà (resoconto sommario della 72^ Seduta del Senato) «prende la parola per dire che per informazioni ottenute e dietro le spiegazioni del Ministro della P.I. approva la geniale proposta e si dichiara soddisfatto (approvazioni)».2

2 - Lʼintervento del ministro della Pubblica istruzione

Il 18 dicembre in Senato il ministro della Pubblica istruzione Pasquale Grippo, chiamato in causa, riprese il filo del ragionamento del ministro Zuppelli:

Non essendo stato presente ieri ai dubbi sollevati dal senatore Foà circa la cosiddetta Università Castrense, crede opportuno oggi dare gli opportuni chiarimenti. Da parte del Comando Supremo dell’Esercito e da parte del Ministero della guerra, fu fatta rilevare la necessità di affrettare il lavoro di preparazione e di conseguimento della laurea per i giovani studenti di medicina del sesto corso; si fece anche rilevare l’opportunità di far proseguire rapidamente gli studi dei giovani del quinto anno. Sottoposta la questione all’esame del Consiglio superiore della Pubblica istruzione, questo fu d’avviso che si potesse provvedere per i giovani del sesto anno, ma non per quelli del quinto.

Deferente a tale voto del Consiglio superiore, egli provvide con decreto Reale ad affrettare il conseguimento delle lauree ai giovani del sesto corso.

Per i giovani del quinto anno il Comando Supremo non si mostrò favorevole al rimando di essi alle Università, ed allora, con una proposta che è ancora allo studio, salvo il consenso del Consiglio dei Ministri, si è cercato di conciliare la doppia esigenza di far sì che i giovani del quinto anno che sono sotto le armi, possano continuare a prestare il loro servizio e contemporaneamente seguire dei corsi singoli, che potrebbero essere impiantati a San Giorgio di Nogaro, dove sono otto gli ospedali con professori ordinari o pareggiati sotto le armi. Questo provvedimento sarebbe circondato da tutte le cautele, per la serietà degli esami e sarebbe limitato agli esami speciali. Come si rileva, ciò non ha nulla a che fare con un’università castrense. (Approvazioni).3

L’opera persuasiva di Tusini andò a buon fine. Con grande onestà intellettuale Foà ritornò sui suoi passi, come riportano gli atti parlamentari:

FOÀ. Dopo ulteriori informazioni avute e le dichiarazioni fatte oggi dal ministro, aderisce alla geniale proposta da lui annunciata e lo ringrazia.4

3 - Lʼimprevista ostilità dei ministri Salandra, Orlando e Martini

Il 19 dicembre Tusini annota il procrastinarsi a causa dei lavori parlamentari della data seduta del Consiglio dei Ministri che avrebbe dovuto prendere visione e approvare il decreto istitutivo dei corsi castrensi di San Giorgio di Nogaro. E aggiunge: «È indispensabile però che io resti [a Roma] per evitare qualsiasi sorpresa».5 Evidentemente il clima non si era del tutto rasserenato. Poi il diario tace (o meglio Tusini ne stralcia alcune pagine, a tutt’oggi non sono state reperite tra le carte di Sarzana), per riprendere solo il 24 dicembre con alcune annotazioni piuttosto forti, che richiederebbero un più approfondito supplemento di ricerca e di scandaglio documentale:

24 DICEMBRE – Sono stato a Treviso, a Portogruaro e a Udine per informare il Comando Supremo e l’Intendenza della III Armata e quella Generale, sulle ostilità incontrate in Consiglio dei Ministri da parte di Orlando, Martini e Salandra. Il Gen. Alfieri dice che suo consiglio è quello di fare la Scuola ugualmente ai fini di dare all’Esercito giovani tecnicamente un po’ più utili nei soccorsi medico-chirurgici.

È assolutamente contrario a mandare alle Università gli Studenti del 5° anno e crede che agli esami si potrà provvedere in seguito.  Essendo assente il Gen. Lombardi, ho parlato col Gen. Gualtieri e con Bonomo.

Ho fatto leggere il diario fino al 19 al Col. Tagliaferri a Udine, dove sono venuti Della Valle e Lustig.6

Il vuoto informativo tra il 24 dicembre e l’8 gennaio, data del decreto istitutivo dei corsi, può allo stato della ricerca essere parzialmente risarcito con l’ipotesi di una decisa pressione sul governo Salandra da parte del Comando Supremo di Cadorna (attestata anche dalla lettera, già citata, di appoggio al progetto di scuola castrense del 5 dicembre 1915) e soprattutto dai vertici della III Armata, nelle persone del comandante Emanuele Filiberto Duca d’Aosta e della moglie Elena, dal maggio 1915 ispettrice nazionale delle Dame della Croce Rossa, febbrilmente presente in zona di guerra e nei più importanti ospedali territoriali italiani e perfettamente consapevole del pauroso deficit sanitario rispetto ai bisogni delle forze impegnate sul fronte.  

Il 28 dicembre Tusini era di nuovo a Roma, da dove inviò una complessa (e per alcuni versi) enigmatica lettera all’Intendente Generale dell’Esercito gen. Vittorio Luigi Alfieri,7 di stanza a Treviso.  La lettera è molto importante perché rivelatrice del pesante intervento del Consiglio dei Ministri sull’impianto del decreto istitutivo scaturito dalle mediazioni romane di Tusini sul piano politico e burocratico-ministeriale. La lettera svela, infatti, che il giorno successivo (29 dicembre) in via ufficiale sarebbero state inoltrate al Comando Supremo per l’approvazione, due diverse versioni del decreto istitutivo dei corsi: la prima, concertata da Tusini e in un primo momento recepita integralmente dai due ministeri; e una successiva approvata dal Consiglio dei Ministri con alcune sostanziali modifiche che avevano profondamente sconcertato e amareggiato il proponente Tusini.  La seconda versione – sottoposta al placet finale del Comando Supremo – sarebbe diventata la proposta definitiva sottoscritta in forma di decreto dal Luogotenente Tommaso di Savoia.  

Nella lettera ad Alfieri, Tusini cercò di mettere in campo un ultimo – accorato – tentativo per salvaguardare alcuni capisaldi della proposta originaria, la cui assenza avrebbe comportato, ad avviso dello scrivente «la totale caduta della proposta istituzione della Scuola di Campo ai fini pei quali essa fu presentata. Non solo, ma la modificazione stessa equivale al rigetto puro e semplice della proposta stessa».8

Infatti, la velina della copia dattiloscritta della bozza finale del progetto, riporta in testa la dicitura a mano di Tusini «Modificata dal Consiglio dei Ministri» e la lettera di fine dicembre esprime il dolore per il depotenziamento di un sogno, a cui – secondo l’ideatore della scuola – meschine ingerenze personali e invidie corporative accademiche avevano tarpato le ali. Persino la scrittura, solitamente fluida ed elegante, sembra subire alcune contorsioni di senso:

Il vero è [in realtà, forse per un sintomatico lapsus, Tusini scrive nero], e mi duole acerbamente doverlo constatare, che le influenze che dovettero tacere il Parlamento e ricredersi pubblicamente in Senato, hanno avuto invece efficacia in via privata e strettamente personale, e quel che è peggio, valendosi di ragioni del tutto estranee all’interesse dell’Esercito e dell’insegnamento. […] La pretesa lesione della dignità Universitaria non vi entra punto né poco, giacchè né io, né il Senatore Lustig, né alcuno dei miei colleghi di me anche più degni abbiamo mai pensato che il prestare l’opera nostra in quella che è precisamente la naturale sua esplicazione, in vantaggio dell’Esercito in questo momento e nel luogo designato possa costituire una diminuzione della dignità nostra d’insegnanti di Università.

Siamo invece convinti di far cosa che ci onora, ed è anche per questo che siamo lieti d’incontrare non lievi sacrifici personali per raggiungere uno scopo che riteniamo doveroso, utile e buono.9

Con fine intuito politico, Tusini avvalora la sua difesa chiamando in causa anche la personalità forse di maggiore prestigio fra i docenti in pectore della nascente scuola: Alessandro Lustig, senatore ed epidemiologo di fama internazionale, i toni, però, sono rivelatori di un drammatico scoramento, come mai nelle sue successive testimonianze: per un attimo in Tusini sembra prevalere la voglia di arrendersi. 

Ma la speciosità del pretesto [lo svilimento del ruolo dell’istituto universitario] si rende poi anche più evidente, considerando che gli studenti universitari, per recenti disposizioni [il già citato Decreto Lgt. 1489 del 23/9/1915] vengono iscritti di legge al corso superiore, senza obbligo di frequenza dei corsi, se prestano servizio militare.

Ora una tanto palese contradizione non può essere sfuggita ad uomini praticissimi come ho detto [si riferisce ai ministri, in particolare a quello della Pubblica Istruzione, e ad altri tre che in tempi diversi avevano pure retto quel dicastero], dell’insegnamento Universitario, per cui il motivo addotto della tutela della dignità Universitaria, è un semplice pretesto per far fallire la proposta, mettendo in condizioni di non poter accettare un ufficio che per noi sarebbe stato onorevole e gratificante anche se più oneroso.  S’intende che, ridotta alle proporzioni di una scuola interna specializzata per uso esclusivo dell’Esercito, senza alcun riconoscimento legale dei suoi Corsi in rapporto al conseguimento della laurea, la Scuola da campo non ha bisogno d’insegnanti universitari; essa già li possiede ed abilissimi nei docenti della Scuola di Sanità Militare di Firenze, la quale potrebbe, per così dire, seguire l’Esercito nella sua progressione, traslocandosi da Firenze a S. Giorgio di Nogaro od altrove. Ma intanto viene a mancare quella intellettuale cooperazione fra insegnanti militari ed insegnanti universitari, la quale per il momento che attraversa il Paese e per il luogo dove si attuava e per gli scopi che si prefiggeva, rivestiva un valore etico di non trascurabile importanza.

Ne sono tanto convinto, che non mi sono ancora arreso; e farò quanto sta in me per conseguire lo scopo. Se non lo raggiungerò, io che dalla cattedra ho spinto i miei scolari a far tutto il loro dovere di studenti, di cittadini e di soldati, io che ho avuto la soddisfazione di seguirli e di constatare che questo dovere essi lo avevano fatto e lo stanno facendo con sacrificio e con onore, io che ho tutti i miei studenti e tutti i miei assistenti sparsi nelle varie zone più o meno avanzate di guerra, avrò il diritto di far loro conoscere che il loro maestro non li abbandona, ma soltanto è strappato da essi.

Mi scusi, Signor Generale, se il sentimento non sa staccarsi dalla pura ragione delle cose, ma creda che per mia parte la ragione non avrà nulla a patire dal sentimento.10

Tuttavia il Comando Supremo non si oppose al ridimensionamento imposto da Salandra e dai suoi ministri. Così la Scuola da Campo si avviò a diventare realtà, ma con un’autonomia e uno status indeboliti rispetto al disegno di Tusini. Non saranno, infatti, i docenti di San Giorgio di Nogaro a sanzionare la validità giuridica degli esami che gli studenti avrebbero sostenuto al termine dei corsi, poiché – come imposto dal Consiglio dei Ministri – «gli esami speciali e quello di laurea saranno dati in una Regia Università». Si trattava di un’indubbia diminutio dell’autorevolezza e della forza del progetto, dal momento che nella proposta originaria gli esami speciali si sarebbero dovuti sostenere, e quindi ritenere «validi», nella sede d’insegnamento [San Giorgio di Nogaro], a cospetto di una commissione composta da due professori titolari ordinari di università e da un libero docente. Per assurdo – secondo Tusini – la commissione:

Doveva dare un affidamento anche maggiore, se possibile, di serietà di quello che si pretende dalle normali commissioni esaminatrici nelle Università, per le quali non è richiesta la presenza di due professori ordinari, pure essendo obbligatoria quella di un libero docente […].

Obbligando gli studenti a dare gli esami nelle rispettive Università alle quali furono inscritti, si avrebbe che per esempio il Prof. Lustig, io, Rossi, Dionisi, Ascoli ecc. titolari ed ordinari d’Università, potremmo dare l’insegnamento alla Scuola da Campo, ma per tutelare la dignità Universitaria, gli esami dovrebbero essere dati da chi? Dai nostri aiuti o da qualche libero docente che di necessità avrebbe assunta la supplenza dell’insegnamento provvisorio in nostra vece nella sede nostra Universitaria.11

4 - Il salomonico Decreto Luogotenenziale di istituzione dei Corsi accelerati di medicina e chirurgia (n. 38 del 9 gennaio 1916)

La Gazzetta Ufficiale n. 19 del 25 gennaio 1916, pubblicò il «D. L. 9 gennaio 1916, n. 38, col quale sono istituiti in San Giorgio di Nogaro Corsi di Medicina e Chirurgia per gli studenti di 5° e 6° anno di medicina e chirurgia che si trovano sotto le armi», di seguito riportato, con in evidenza gli elementi discordanti dalla formulazione della proposta di origine di Tusini:

TOMASO DI SAVOIA DUCA DI GENOVA Luogotenente Generale di Sua Maestà  VITTORIO EMANUELE III

Per grazia di Dio e volontà della Nazione RE D’ITALIA

In virtù dell’Autorità a Noi delegata;

Considerata la opportunità di istituire corsi di medicina e chirurgia nella zona di guerra per gli studenti del 5° e 6° anno di medicina che sono sotto le armi, allo scopo di provvedere ai bisogni sanitari dell’Esercito combattente e al tempo stesso fornire agli studenti in modo di continuare i loro studi nella zona di guerra:

Veduta la legge 22 maggio 1915, n. 671,

Sentito il Consiglio dei Ministri,

Sulla proposta del Ministro, Segretario di Stato per la Pubblica Istruzione, di concerto col Ministro della Guerra;

Abbiamo decretato e decretiamo:

ART. 1° – Sono istituiti in San Giorgio di Nogaro Corsi di medicina e chirurgia nella zona di guerra per studenti del 5° e 6° anno di medicina e chirurgia che si trovano sotto le armi. [NO: in zona di guerra].

ART. 2° – La direzione dei Corsi sarà affidata dal Ministero della Pubblica Istruzione d’accordo con quello della Guerra, ad un insegnante di grado ordinario di Università, il quale provvederà allo svolgimento didattico secondo le norme vigenti per la Facoltà Universitaria di medicina e chirurgia, tenendo conto delle particolari esigenze e delle finalità speciali dei corsi medesimi. Anche tutti gli insegnanti saranno scelti dal Ministero dell’Istruzione d’accordo con quello della Guerra [quest’ultima frase non compariva nella prima versione; risulta quindi aggiunta dal Consiglio dei Ministri].

ART. 3° – I corsi predetti sono obbligatori per gli studenti del 5° anno di medicina e chirurgia in servizio militare in zona di guerra e facoltativi per quelli di zona territoriale. Ad essi potranno essere inscritti anche gli studenti militari del 6° anno che ne facciano domanda e desiderino approfittarne invece del Corso accelerato istituito presso le Università col Decreto Luogotenenziale del 28 Novembre 1915.

ART. 4° – Gli esami speciali dei Corsi e quello di laurea saranno dati in una R. Università. [FORMULAZIONE CASSATA: Gli esami speciali dei corsi saranno dati nella sede d’insegnamento e ritenuti validi. L’esame di laurea sarà dato dagli studenti della Scuola di Campo nelle regie Università del Regno.]

ART. 5° – I corsi dipenderanno amministrativamente e disciplinarmente dalla Intendenza Generale dell’Esercito. Alle spese occorrenti per essi provvederà il Ministero della Guerra.

[La Commissione d’Esame sarà composta da due professori titolari ordinari di Università ed un Libero Docente. Tale formulazione è desunta dalla lettera di Tusini ad Alfieri del 28 dicembre 1915].

ART. 6° – Ad eventuali modificazioni che si rendessero indispensabili pel funzionamento dei corsi provvederà il Ministero della Pubblica Istruzione d’accordo con quello della Guerra.12

Nella bozza originaria dattiloscritta che Tusini aveva fatto pervenire al Ministro della P.I. compariva una diversa successione degli articoli unitamente ad alcune imprecisioni semantiche che il Decreto avrebbe corretto. Sulla bozza Tusini trascrisse successivamente a matita le variazioni introdotte dal Consiglio dei Ministri. Non compare invece nel decreto l’altra postilla che Tusini aveva aggiunto a penna in calce alla bozza, e che tentava di precostituire le condizioni per una possibile prosecuzione dei corsi, anche per un secondo anno accademico per gli studenti del quinto anno, e che recitava: «Gli studenti del V° anno che avranno frequentato la Scuola di Campo e superati gli esami speciali, potranno essere iscritti al VI° corso accelerato da aprirsi nella Scuola medesima, solo in caso di necessità di guerra, colle modalità e cogli effetti stabiliti per gli esami speciali e per la laurea dal presente Decreto».13

Inoltre, il decreto disattendeva il disegno originario di Tusini avendo anche esternalizzato gli esami speciali e quello di laurea in una fra le «Regie Università», al momento non ancora definita, ma che è legittimo supporre potesse essere Padova, sia per prossimità geografica, sia in funzione del controllo autorevole che essa avrebbe potuto svolgere sugli esiti didattici di un’esperienza a tutti gli effetti liminare, quasi ai limiti della legittimità formale.

Allo stato della ricerca, non sono ricostruibili le azioni e lo stato d’animo di Tusini immediatamente seguenti la lettera del 5 gennaio. Peraltro non ci sarebbe stato neppure tempo per altri tentativi di mediazione, perché il 9 gennaio 1916 Tommaso di Savoia-Genova appose la propria firma al Decreto istitutivo della scuola da campo nella versione ufficiale, parzialmente non conforme al progetto di Tusini.

Sull’orgoglio ferito, però ebbe a prevalere la disciplina del soldato, mentre l’indistruttibile vocazione a proporsi quale maestro e modello etico nei confronti dei giovani studenti lo indusse a impegnarsi da subito anche per l’impianto logistico dei corsi, come documentato dalla nota dell’intendente generale della III Armata Stefano Lombardi datata 14 gennaio 1916:

Per la fine del mese [gennaio] si istituirà in San Giorgio l’Università medica [sic]. Il Capitano Medico dott. Molinari che ha speciali attitudini organizzative è investito della carica di comandante del riparto studenti. Gli studenti saranno presi in forza dall’Ospedale n. 238, saranno costituiti in vari plotoni, mettendovi a capo gli stessi ufficiali studenti più elevati in grado o più anziani.

Il direttore del Genio d’Armata d’accordo con il Ten. Col. Dott. Tusini, assistiti dal Capitano Molinari procederanno alla sistemazione dei locali per dormitorio, scuole, mensa, studio ecc.14    

Riassumendo: il decreto identificava nella zona di guerra – San Giorgio di Nogaro – la sede dei corsi e prevedeva la scelta del suo Direttore e dei docenti da parte del Ministero dell’Istruzione in accordo con quello della Guerra; l’ordinamento didattico era conforme alle norme vigenti nelle Regie Università. I corsi erano obbligatori per gli studenti del 5° anno presenti in zona di guerra e facoltativi per quelli in zona territoriale e per gli studenti del 6° anno che non avevano voluto (o potuto) usufruire dei corsi accelerati presso le Università già attivati con il precedente Dlt. del 28.11.1915. La Scuola dipendeva per gli aspetti burocratici-ammnistrativi e disciplinari dall’Intendenza generale dell’Esercito e sotto l’aspetto economico dal Ministero della Guerra; quest’ultimo aspetto, tuttavia non aveva grande incidenza, poiché la generalità dei docenti continuava a percepire gli emolumenti relativi alla sola funzione originaria.

5 - Il ruolo della duchessa Elena dʼAosta

Intuita l’incombente priorità sanitaria con la correlata esigenza di formare sul campo nuovi medici che affiancassero quelli già in servizio di guerra, la duchessa d’Aosta, grande estimatrice di Giuseppe Tusini, seguì a passo a passo lo svolgimento dell’insolita esperienza di formazione castrense. Nel merito, e in assenza di riscontri diretti (forse inopportuni, visto il ruolo super partes dei membri di casa Savoia), fa fede una nutrita serie di circostanze collaterali, documentate anche da immagini fotografiche che ritraggono Hélène d’Orléans all’uscita dell’Aula Magna al termine delle lezioni di Tusini e di altri docenti (il 2 marzo 1916, ad esempio, la duchessa assiste a una lezione del colonnello Lorenzo Bonomo sulle lesioni craniche),15 e alcuni riferimenti giornalistici ed epistolari, come quello contenuto nella lettera che lo studente parmense Alberto Bavagnoli inviò da San Giorgio di Nogaro alla famiglia, il 25 febbraio 1916:

Oggi ho fatto i conti e sono 63 ore e mezzo che abbiamo di lezione per settimana. Ieri abbiamo avuto la visita del Re, il quale parlava con noi senza un’ombra di sussiego, con un fare così democratico che m’ha fatto molta impressione. Ci ha salutati con un arrivederci. Poi tutti i giorni, immancabilmente viene a lezione con noi la Duchessa d’Aosta col suo seguito, che farà o farà fare le dispense per noi a prò [sic], mi pare, dei mutilati.16

E ancora, il 15 marzo 1916:

Uno di questi giorni ho avuto l’onore di presentare, alla presenza della Duchessa d’Aosta e di tutta la scolaresca un ammalato sul quale il prof. [Giuseppe Tusini N.d.A.] fece poi lezione. Feci e lessi la storia dell’ammalato e il prof. mi fece pubblicamente per ben tre volte gli elogi e i complimenti […].17

Alla stessa stregua nella sua relazione «complessiva» inviata (a fine maggio 1916) al Ministro della Pubblica Istruzione, Tusini scriveva:

Durante il Corso la Scuola fu onorata dalla visita di S.M. il RE, che ebbe parole di lode per il modo come la Scuola stessa funzionava, ammirando la disciplina e la serietà degli studenti.

Anche S.A. Reale la Duchessa Elena d’Aosta volle dimostrare quanto prendesse a cuore le sorti della Scuola, onorando frequentemente dell’Augusta Sua presenza le lezioni dei professori.18

6 - Il Parlamento riprende i lavori (marzo 1916) con una fuoco di fila sui Corsi (ormai avviati)

Alcuni aspetti della tormentata genesi del secondo decreto luogotenenziale n. 38 del 9 gennaio 1916 (pubblicato con molta più celerità rispetto al precedente n. 1768, nella Gazzetta Ufficiale n. 19 del 25 gennaio), rimasti fin qui in ombra, balzano in evidenza alla luce delle argomentazioni svolte a posteriori dal ministro della Pubblica Istruzione del Governo Salandra Pasquale Grippo, in contraddittorio a interventi molto critici nella seduta della Camera dei deputati nei primi giorni di marzo 1916; quindi a esperienza castrense ormai decollata.

Il Parlamento aveva sospeso i lavori per una pausa invernale di oltre due mesi, a partire dalle festività natalizie: la logica dello “stato di guerra” ne aveva radicalmente ridimensionati il ruolo e l’attività legislativa facendo prevalere la pratica della decretazione luogotenenziale. In questo vuoto parlamentare (gennaio-febbraio 1916) si era consumata l’intera parabola legislativa-formale di avvio dei corsi accelerati a San Giorgio di Nogaro: la seduta del 4 marzo offre pertanto la prima occasione utile per discuterne in sede parlamentare e chiedere conto al Governo di un «progetto» (così l’aveva definito in sede di dibattito parlamentare il 17 dicembre 1915 il ministro Zuppelli), che nell’arco di una ventina di giorni si era inopinatamente trasformato in un Decreto formale attuativo assunto il 9 gennaio 1916, quindi in vacanza di Parlamento.

D’altronde il 20 maggio 1915, la maggioranza della Camera «condizionata dall’atteggiamento del sovrano, che si era detto pronto ad abdicare qualora il Parlamento non avesse accettato il patto segreto del 26 aprile con il quale l’Italia s’impegnava a entrare in guerra contro l’Austria entro un mese»,19 aveva votato la concessione dei pieni poteri al governo in caso di guerra. Poteri di cui il governo si sarebbe avvalso anche nella situazione specifica: assumendo cioè la decisione di istituire ex lege i «Corsi di medicina e chirurgia nella zona di guerra per gli studenti del quinto e sesto anno di medicina che si trovano sotto le armi» come atto compiuto. Il precedente confronto dialettico Foà-Zuppelli era scaturito semplicemente da una richiesta di chiarimenti, non essendo stata posta formalmente all’ordine del giorno parlamentare l’approvazione del progetto istitutivo.

Frattanto i toni del dibattito si erano notevolmente alzati nel Paese anche a causa dei tagli apportati ai bilanci governativi destinati alle politiche scolastiche in ragione delle priorità imposte dalla conduzione della guerra; così tra una ridda di critiche e osservazioni, il ministro Grippo ritenne opportuno ripercorrere la cronistoria dei corsi accelerati sangiorgini:

Dal Comando generale dell’esercito erano fatte al Ministero dell’Istruzione Pubblica vive insistenze perché si affrettasse la formazione di un nuovo contingente di medici per provvedere alle necessità della guerra. Era inevitabile che, passando l’Esercito dal piede di pace a quello di guerra, i medici militari non bastassero più a tutte le necessità. Dal Comando venne quindi la proposta di accelerare i corsi dei giovani studenti di medicina di quinto e sesto anno ed io doverosamente rimisi questa proposta al Consiglio superiore dell’istruzione, il quale diede parere favorevole per i giovani studenti di sesto anno, diede parere contrario per i giovani di quinto anno.

Allora mi rivolsi al Comando e feci una controproposta. Dissi per i giovani studenti di sesto anno il decreto che sarà emanato permetterà che abbiano la laurea con una certa precedenza [Decreto Luogotenenziale n. 1768 del 28 novembre 1915]; per i giovani di quinto anno, consenta il Comando che tornino questi giovani alle rispettive Università e compiano il loro anno di studi per poter essere in grado di passare al sesto. Contemporaneamente, poiché i giovani rimanevano sotto le armi, avrebbero potuto essere obbligati a prestar servizio negli ospedali militari nelle ore di intervallo dalle lezioni. Forse la mia proposta non era inopportuna, né esagerata; ma il Comando disse: No, non consento.

Allora noi ci trovavamo nella condizione che i giovani di quinto anno erano obbligati a perdere l’intero anno di studi, perché non erano rilasciati dal Comando e non potevano quindi frequentare l’Università, e nel tempo stesso, non erano di aiuto ai combattenti feriti od ammalati perché non potevano rimanere nei centri ospedalieri. Conseguentemente veniva meno, quello che era un proposito dell’animo mio di utilizzare anche questi giovani in modo che non perdessero l’anno di scuola e contemporaneamente potessero essere utili all’esercito.

Convinto il Comando della necessità di fare qualcosa, presentò un’altra proposta, e cioè che a San Giorgio di Nogaro fossero tenuti dei corsi da professori di valore (professori universitari in servizio militare) con tutte le misure di cautela possibili; ed i giovani ammessi a questi corsi avrebbero potuto prestare l’opera loro nei numerosi ospedali che sono a San Giorgio di Nogaro. Questa proposta, presentata al Consiglio dei Ministri, fu accettata con un dato del quale mi resi persuaso e che fu sostenuto, che cioè questi giovani, seguendo tali corsi fossero obbligati però a dare gli esami nelle loro rispettive Università, in guisa che la tutela della serietà degli studi non fosse menomata in alcun modo. Si sono aperti i corsi e so da fonte sicura, e l’ho anche in iscritto che le Commissioni militari inglesi, francesi e giapponesi, che sono state a visitarli, ne hanno avuto la migliore impressione. Anzi la Commissione inglese ne ha riferito in modo speciale al suo Governo, proponendo l’adozione di uguale sistema anche per l’esercito inglese.

Dunque quando sento parlare di Università castrense, di corsi dove nulla si impara, dove si fabbricano medici, ho il sospetto di credere che ciò dipenda da una inesatta conoscenza delle cose. Sono convinto di avere fatto cosa giusta non solo per la scuola, ma anche per quei bravi giovani, che invece di combattere studiano, e potranno essere utili ai combattenti, per quali, è doloroso il dirlo, veniva a mancare il sussidio di assistenti medici, che non può essere surrogato da semplici infermiere.

Aderendo alla proposta del Comando supremo, al quale poi in definitiva, spettava la facoltà di preparare come meglio credeva l’assistenza medico-chirurgica nella zona di guerra, io credo di aver compiuto un dovere. Pei fini della scuola basta che le prove di esami speciali e di laurea debbano essere date nelle Università, col rispetto delle norme ordinarie.20

È tuttavia una scivolata che il ministro Grippo (per inciso è un uomo di ‘legge’) compie, quando rivendica la piena libertà del potere militare rispetto all’organizzazione del servizio sanitario di guerra. Il ministro sembra non cogliere che si era entrati ruvidamente a ‘mano libera’ in un ambito di competenza non militare, infliggendo un vulnus che rischiava di creare un pericoloso precedente e che avrebbe potuto minare un delicato caposaldo dell’ordinamento universitario: il valore legale dei titoli conferiti. 

Il 10 aprile, stavolta al Senato, in sede di discussione del Bilancio del Ministero P.I. 1915-1916, ancora Grippo si trovò a dover puntualizzare gli aspetti economici dell’operazione-Università Castrense a fronte delle aspre critiche di alcuni che avevano eccepito in merito all’opportunità e agli oneri derivanti dall’aver impiantato ex novo un corso di studi di medicina in un anonimo paese friulano in assenza di qualsiasi precedente e tradizione storica, piuttosto che ricorrere alla prestigiosa realtà universitaria di Padova, anch’essa relativamente vicina alla zona di guerra (circa160 chilometri dalla linea del fronte del Carso):

Aggiungerò, da ultimo, quanto alla questione finanziaria, che non vi è contributo da parte del Ministero della Pubblica Istruzione, perché i professori hanno lo stipendio come militari e sono tutti professori ordinari o pareggiati in servizio militare; gli ospedali [di San Giorgio di Nogaro] già vi erano dotati largamente; non si è dovuto fare che un modesto baraccamento per ricovero e per aule scolastiche ed il municipio si è prestato largamente, dando anche la propria sede per poter facilitare questi studi.21

Quindi la soluzione proposta dal Comando Supremo e fatta propria dal Governo, pur se dirompente rispetto agli assetti accademici, si era rivelata in definitiva molto semplice: verificata la sostanziale impraticabilità di rinviare gli studenti aspiranti medici alle rispettive sedi universitarie, allontanandoli così dalla zona delle operazioni, sarebbe stata una Facoltà di medicina sui generis a trasferirsi a ridosso dei luoghi della guerra. La forzatura immediatamente colta a livello politico-parlamentare, come pure dal mondo accademico e riverberata dalla stampa nazionale, consisteva nel fatto che si fosse potuta prefigurare un’esperienza didattica fuori dai luoghi tradizionali della formazione e interna invece a un’egemonica logica militare. Situazione icasticamente sintetizzata dall’onorevole Fabrizio Maffi (socialista e medico di vaglia): i corsi castrensi a San Giorgio di Nogaro adombravano il rischio di «una completa dedizione di Minerva a Marte».22

Su un piano più tecnico, Edoardo Maragliano, da senatore ed esponente del mondo medico-accademico, stigmatizzava la contraddizione insita nella ‘corsia preferenziale’ istituita dal Governo:

O siete convinto [si appella al ministro] che con questo sistema si possano avere medici provvisti delle cognizioni pratiche necessarie, ed allora si impone un altro provvedimento, quello di ridurre il numero degli anni di studio per la medicina, oppure pensate che la durata di sei anni stabilita dai regolamenti è indispensabile, ed allora convenite che quanto avete fatto non fu ben fatto.23

Il nodo problematico consisteva nell’aver decretato che i corsi per gli studenti al fronte iscritti all’ultimo biennio di medicina si sarebbero dovuti tenere a San Giorgio di Nogaro, sotto la direzione d’insegnanti selezionati, di fatto, da Tusini (anche se formalmente nominati dal Ministro della Pubblica Istruzione con il placet di quello della Guerra), e quindi con procedure didattiche del tutto indipendenti e autonome dalle direttive degli Atenei di provenienza degli studenti i quali, tuttavia, lì avrebbero dovuto presentarsi per sostenere gli esami speciali dei corsi ed eventualmente, quello di laurea. Le facoltà di Medicina delle Università italiane avrebbero così dovuto verificare, secondo la loro discrezionalità e, nel caso, avallare, tramite il riconoscimento legale dei titoli d’esame, la preparazione dei loro stessi iscritti, formati però da un corpo docente estraneo all’Ateneo e con didattiche non decise (e spesso neppure condivise) dall’Ateneo stesso.

A sintesi fra questi due aspetti si poneva – quasi fisicamente – la stessa figura di Giuseppe Tusini, il quale aveva intuito per primo l’opportunità didattica e scientifica di un percorso formativo quasi in osmosi e in presa diretta con la guerra; un percorso dove la teoria svolta nelle aule di studio avrebbe potuto permearsi, quasi senza soluzione di continuità, della pratica e del vissuto medico specialistico delle contigue e articolate strutture ospedaliere, trasformate sul campo in cliniche universitarie quasi del tutto esaustive per la presa in carico dello sterminato universo di ferite e di malattie causato dalla guerra. 

Fu lo stesso Tusini a dover misurare l’enorme distanza, psicologica e pratica, tra la propria aula universitaria e l’esperienza quotidiana condotta sul campo come docente e medico responsabile di un servizio sanitario militare operativo nell’area più esposta ai combattimenti e non a caso assegnata al raggio d’azione della III Armata:

È assai dolce al mio cuore poter dire che l’idea prima della Scuola sorse per un debito di riconoscenza verso i giovani studenti fatti soldati. Trovai non consono al mio sentimento accettare quello che le Autorità militari offrivano alla attività dei Clinici italiani in zona territoriale, ma pensai fosse mio dovere, come il più giovane dei Clinici italiani, venire a ritrovare i miei discepoli ed essere loro compagno di lavoro qui sul campo della lotta, come ero stato loro maestro nelle aule universitarie. […] Ritrovai molti miei studenti sui campi di battaglia a Monfalcone, a Sagrado, sul Monte Nero, e mi resi conto di quanto prezioso, talvolta indispensabile fosse il loro lavoro, anche se tecnicamente incompleto, perché non erano ancora laureati… Così pensai che come avevo potuto imparare io stesso qui, altrettanto e più avrebbero potuto apprendere gli studenti in questa larga dimostrazione di casistica igienica e medico- chirurgica ritrovandosi di continuo nelle più diverse condizioni di produttività. In nessuna altra scuola come in zona di guerra può aversi un così svariato campo di dimostrazioni e di applicazione terapeutiche in tutte le specialità mediche, dalla stomatologia a quelle pediatriche poiché il servizio sanitario militare doveva provvedere a tutte le necessità della popolazione dei paesi coinvolti nel conflitto:…la vita è qui.24